ISKUTU !!!! ZITTI !!!!
Arriviamo alle 3,30 del mattino all’aeroporto del Cairo. Io e Claudio, un ragazzo di Mogliano che rimarrà con me il tempo necessario per completare il corso propedeutico di Italiano che si terrà nei mesi di Luglio e Agosto. L’anno scolastico regolare comincerà ai primi di Settembre come di consueto.
All’aeroporto troviamo Mariolina (la coordinatrice dei corsi di Italiano) e Don Abdu un egiziano simpatico e gentile che studia da sacerdote salesiano a Roma.
La faccio breve. Esaurite le formalità aeroportuali e arrivati all’istituto dopo aver attraversato una Cairo immensa e deserta arriviamo nelle nostre camere da letto e ci addormentiamo sulle 5,30. Una dormitona di due ore e via, Alle 8 comincia l’appello dei ragazzi nel cortile-oratorio della scuola.
I ragazzi, 200 circa, sono fuori dell’istituto: vociano e schiamazzano. Ci sono tantissime madri che cercano di individuare subito gli insegnanti da tormentare. Mariolina ce le indica, e con un tono secco ci esorta ad evitare le “rompipalle”.
C’è un megafono gracchiante che chiama per nome i ragazzi e li divide in varie file. “Abdul!”, “Mina!”, “Ahmed!”, “Youssuf!”.
Io accorro nel cortile. Mi gira la testa e mi ronzano le orecchie perché le ultime due o tre notti ho dormito veramente pochissimo.
Mariolina mi fa 29 raccomandazioni nei pochi secondi che precedono l’assegnazione dei miei awlad (i ragazzi) e io decido di ricordarne due al massimo: dov’è la mia classe, quali sono i miei ragazzi. Sono quelli disposti sulla quarta di otto file.
Mi seguono.
Fa un caldo bestiale. Ma non avevano detto che al Cairo il caldo è secco e sopportabile?
Vedo però che nelle classi sono in azione delle potenti pale da soffitto e tiro un sospiro di sollievo. Oh, oh che fregatura! La mia è l’unica aula che non dispone delle stramaledette pale di ventilazione!
Entriamo in classe.
Li guardo e li trovo belli. Sarà che sono tutti dei 14-16enni. Sono tutti sorridentissimi e un po’ timidi. Un paio, forse originari dell’alto Egitto (il loro meridione al confine con il Sudan) sono scurissimi.
Provo a leggere i loro nomi e loro sorridono forse a causa della mia goffa pronuncia. Solo un terzo dei miei studenti é musulmano. Uno di questi si chiama addirittura Islam Mohammedd El Din, che sarebbe un po’ come dire, tradotto nei nostri parametri cristiani… Gesummaria Dio Trinità Cattolica. Un nome impegnativo non c’è che dire.
Fa veramente un caldo afoso e opprimente.
Io comincio a spiegare e, dopo sette secondi, ci ho già l’ascella pezzata delle grandi occasioni in grande evidenza..
Aprire le finestre!?!? Ci provo ma i ragazzini mi indicano subito le proprie orecchie con le mani ad indicare che non si sente un c…. allora chiudo le finestre e confido nelle correnti ristoratrici che ovviamente non arriveranno mai.
Appena iniziata la lezione passa Don Renzo (il direttore della scuola). Lui è di Codroipo (Udine). Viene a controllare l’avvio dei lavori e mi raccomanda di non usare ASSOLUTAMENTE l’arabo per aiutarmi nelle spiegazioni.
Sì, sono d’accordo, penso tra me e me, ma qualche parolina aiuta a stabilire la comunicazione; poi dopo un po’ di minuti, quando ho insegnato loro il termine corrispondente in italiano, non ne faccio più uso.
In caso contrario come fareste voi a spiegare a 21 ragazzini di prendere il quaderno giallo e di scrivere per dieci volte di seguito le prime 10 parole che si trovano sulla dispensa? Sembra facile.
Con i gesti? Certo! Dopo averci provato ho subito costatato che la mia geniale “spiegazione” fatta di gesti e grugniti era stata interpretata in una decina di modi diversi!
Adesso, se siete riusciti nell’impresa di spiegare l’esercizio da svolgere, provate a specificare che questo esercizio, che avete faticosissimamente spiegato NON (leee!) va fatto ADESSO (dilwati) ma a casa (fi-biit) e portato domani (bukra) per la correzione..! Come glielo spieghi?! E cosa avranno capito?
Come prevedevo l’organizzazione dei corsi è allo stesso tempo rigorosa, nella sua impostazione didattica, quanto vagamente caotica; il ritmo che dovrà essere sostenuto dai ragazzini è veramente infernale. Dopo la lezione, scherzando, Mariolina ci dirà che verso la fine della prima settimana potremo tranquillamente cominciare con il sommo Dante!
In effetti ad una prima occhiata il programma è disarmante. Verbi, singolari e plurali, maschile e femminile, i numeri e giorni della settimana tutto nei primi quattro giorni!!!!
Ebbene, sareste in grado in quattro miseri giorni di imparare tutto questo in una lingua sconosciuta e per di più usando un alfabeto diverso?
Ma con piacere scopro che alcuni ragazzi padroneggiano perfettamente i caratteri latini. Altri li conoscono ma, l’evidente scarsa pratica con essi li costringe a scrivere le parole a caratteri cubitali, cosicchè la parola “Lunedì” occupa due pagine di quaderno!
Grande sforzo a farli scrivere più piccolo. Grande davvero.
Intravedo già, ahimè, coloro che forse non potrebbero passare l’esame di ammissione alla fine di Agosto.
Anche solo la semplice lettura o scrittura di sillabe li mette in grande confusione; quando li interrogo in un semplice esercizio di lettura, mi guardano con occhi vuoti e disperati. Mi dicono la prima cosa che viene loro in mente.
Magari li recupero.
Da domani si comincia a dare i primi voti negli esercizi che ho dato per casa. E’ pazzesco, per me che non ho mai fatto l’insegnante, pensare che le mie valutazioni possano essere determinanti per il futuro di questi ragazzi. Alla fine del corso un esame dovrà decidere se sono in grado di cominciare l’anno scolastico. Chi non ce la fa semplicemente viene sbattuto fuori.
All’aeroporto troviamo Mariolina (la coordinatrice dei corsi di Italiano) e Don Abdu un egiziano simpatico e gentile che studia da sacerdote salesiano a Roma.
La faccio breve. Esaurite le formalità aeroportuali e arrivati all’istituto dopo aver attraversato una Cairo immensa e deserta arriviamo nelle nostre camere da letto e ci addormentiamo sulle 5,30. Una dormitona di due ore e via, Alle 8 comincia l’appello dei ragazzi nel cortile-oratorio della scuola.
I ragazzi, 200 circa, sono fuori dell’istituto: vociano e schiamazzano. Ci sono tantissime madri che cercano di individuare subito gli insegnanti da tormentare. Mariolina ce le indica, e con un tono secco ci esorta ad evitare le “rompipalle”.
C’è un megafono gracchiante che chiama per nome i ragazzi e li divide in varie file. “Abdul!”, “Mina!”, “Ahmed!”, “Youssuf!”.
Io accorro nel cortile. Mi gira la testa e mi ronzano le orecchie perché le ultime due o tre notti ho dormito veramente pochissimo.
Mariolina mi fa 29 raccomandazioni nei pochi secondi che precedono l’assegnazione dei miei awlad (i ragazzi) e io decido di ricordarne due al massimo: dov’è la mia classe, quali sono i miei ragazzi. Sono quelli disposti sulla quarta di otto file.
Mi seguono.
Fa un caldo bestiale. Ma non avevano detto che al Cairo il caldo è secco e sopportabile?
Vedo però che nelle classi sono in azione delle potenti pale da soffitto e tiro un sospiro di sollievo. Oh, oh che fregatura! La mia è l’unica aula che non dispone delle stramaledette pale di ventilazione!
Entriamo in classe.
Li guardo e li trovo belli. Sarà che sono tutti dei 14-16enni. Sono tutti sorridentissimi e un po’ timidi. Un paio, forse originari dell’alto Egitto (il loro meridione al confine con il Sudan) sono scurissimi.
Provo a leggere i loro nomi e loro sorridono forse a causa della mia goffa pronuncia. Solo un terzo dei miei studenti é musulmano. Uno di questi si chiama addirittura Islam Mohammedd El Din, che sarebbe un po’ come dire, tradotto nei nostri parametri cristiani… Gesummaria Dio Trinità Cattolica. Un nome impegnativo non c’è che dire.
Fa veramente un caldo afoso e opprimente.
Io comincio a spiegare e, dopo sette secondi, ci ho già l’ascella pezzata delle grandi occasioni in grande evidenza..
Aprire le finestre!?!? Ci provo ma i ragazzini mi indicano subito le proprie orecchie con le mani ad indicare che non si sente un c…. allora chiudo le finestre e confido nelle correnti ristoratrici che ovviamente non arriveranno mai.
Appena iniziata la lezione passa Don Renzo (il direttore della scuola). Lui è di Codroipo (Udine). Viene a controllare l’avvio dei lavori e mi raccomanda di non usare ASSOLUTAMENTE l’arabo per aiutarmi nelle spiegazioni.
Sì, sono d’accordo, penso tra me e me, ma qualche parolina aiuta a stabilire la comunicazione; poi dopo un po’ di minuti, quando ho insegnato loro il termine corrispondente in italiano, non ne faccio più uso.
In caso contrario come fareste voi a spiegare a 21 ragazzini di prendere il quaderno giallo e di scrivere per dieci volte di seguito le prime 10 parole che si trovano sulla dispensa? Sembra facile.
Con i gesti? Certo! Dopo averci provato ho subito costatato che la mia geniale “spiegazione” fatta di gesti e grugniti era stata interpretata in una decina di modi diversi!
Adesso, se siete riusciti nell’impresa di spiegare l’esercizio da svolgere, provate a specificare che questo esercizio, che avete faticosissimamente spiegato NON (leee!) va fatto ADESSO (dilwati) ma a casa (fi-biit) e portato domani (bukra) per la correzione..! Come glielo spieghi?! E cosa avranno capito?
Come prevedevo l’organizzazione dei corsi è allo stesso tempo rigorosa, nella sua impostazione didattica, quanto vagamente caotica; il ritmo che dovrà essere sostenuto dai ragazzini è veramente infernale. Dopo la lezione, scherzando, Mariolina ci dirà che verso la fine della prima settimana potremo tranquillamente cominciare con il sommo Dante!
In effetti ad una prima occhiata il programma è disarmante. Verbi, singolari e plurali, maschile e femminile, i numeri e giorni della settimana tutto nei primi quattro giorni!!!!
Ebbene, sareste in grado in quattro miseri giorni di imparare tutto questo in una lingua sconosciuta e per di più usando un alfabeto diverso?
Ma con piacere scopro che alcuni ragazzi padroneggiano perfettamente i caratteri latini. Altri li conoscono ma, l’evidente scarsa pratica con essi li costringe a scrivere le parole a caratteri cubitali, cosicchè la parola “Lunedì” occupa due pagine di quaderno!
Grande sforzo a farli scrivere più piccolo. Grande davvero.
Intravedo già, ahimè, coloro che forse non potrebbero passare l’esame di ammissione alla fine di Agosto.
Anche solo la semplice lettura o scrittura di sillabe li mette in grande confusione; quando li interrogo in un semplice esercizio di lettura, mi guardano con occhi vuoti e disperati. Mi dicono la prima cosa che viene loro in mente.
Magari li recupero.
Da domani si comincia a dare i primi voti negli esercizi che ho dato per casa. E’ pazzesco, per me che non ho mai fatto l’insegnante, pensare che le mie valutazioni possano essere determinanti per il futuro di questi ragazzi. Alla fine del corso un esame dovrà decidere se sono in grado di cominciare l’anno scolastico. Chi non ce la fa semplicemente viene sbattuto fuori.
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