Ramadan Karim !

Il sacro mese del digiuno.
Ecco la foto di un cartellone pubblicitario che campeggia in questi giorni, cubitale, in tutti i viali che attraversano la metropoli.
Si vede una tipica confezione da detersivo per piatti, di nome “PRIL”; l’involucro di plastica ha una strana forma; inusuale almeno per noi, assolutissimamente familiare per tutti i musulmani.
Poi c’è una piccola falce lunare, una notte stellata e dei festoni simil-natalizi.
Di che cosa si tratta?
Perché la pubblicità di un banale detersivo per piatti adotta questo simbologia?
Sotto leggiamo (se sappiamo l’arabo!): “Wahshatna ya ramadan!” che si potrebbe tradurre con… “Avevamo nostalgia di te, Ramadan!”
E’ soprattutto la forma del flacone la cosa che dovrebbe incuriosire chi guarda questa foto.
Spiegherò dopo di che si tratta.
Torniamo adesso al titolo del post: Ramadan Karim!
Ramadan Karim si può tradurre con “un Ramadan generoso” ed è l’augurio più tipico che si fa da queste parti in questo periodo.
Sarebbe un po’ come dire… Buon Natale! anche se, ovviamente, qui si rizzerebbero le orecchie a tutti i musulmani a sentire questo blasfemo accostamento.
Beninteso i musulmani del Natale ne sanno ben poco; qualcuno forse sa che è la più importante festa cristiana.
Dicevo, il Ramadan (si pronuncia all’incirca Ramadòn) è la più importante festa islamica. Dura un mese intero ed è attesa dai, soprattutto dai bambini, ma anche dai grandi con un misto di eccitazione e di fervore religioso.
Nei trenta giorni i fedeli devono astenersi dal cibo e dalle bevande, dal fumo, dal sesso, dai pensieri cattivi… dall’alba fino al tramonto.
E’ un periodo di purificazione e di penitenza.
In tutto e per tutto ricorda il nostro periodo natalizio. Solo che qui non si usa fare regali come da noi. Le famiglie si riuniscono per la sacra ricorrenza, le pasticcerie sono piene di dolciumi; tutti sono o “dovrebbero” essere più buoni; nelle strade si respira un’aria particolare, e le case sono addobbate con festoni e luminarie.
Da dove trae origine questa ricorrenza?
Anticamente i musulmani dividevano l’anno in 12 mesi lunari. Ognuno con il suo nome complicato e impronunciabile. I mesi musulmani sono di 29 o 30 giorni per cui sono mediamente più corti dei nostri, i quali, beninteso, ormai di lunare non hanno più nulla se non, all’incirca, la durata.
L’anno musulmano (che comunque loro non usano affatto, ormai l’anno cristiano la fa da padrone!) è di soli 354 giorni, perché deriva dalla somma di 12 mesi lunari di 29 giorni: quindi è 11 giorni più breve rispetto a quello solare.
I mesi iniziano e finiscono ad ogni Luna nuova, cioè quando la luna con una falce sottilissima comincia a vedersi nel cielo notturno.
Cosa succede adottando questo sistema di conteggio del tempo?
Succede che i mesi si “muovono” lungo le stagioni! Perciò mentre per noi novembre, dicembre e gennaio sono mesi indissociabili con la stagione invernale, lo stesso non può dirsi del calendario musulmano. I mesi che lo compongono cadono in un punto dell’anno ma poi, l’anno successivo si ripresentano 11 giorni prima e poi ancora 11 giorni prima (cioè un terzo di mese) con il passare degli anni.
Cosi un qualunque mese in 36 anni fa tutto il giro delle stagioni, presentandosi in autunno, estate, primavera e poi inverno.
Sarebbe come dire che il mese di Dicembre, si spostasse anno dopo anno fino a diventare un mese estivo per poi ritornare 10 o 20 anni dopo ad essere invernale e così via…. Sono stato chiaro?
Il Ramadan non è che uno di questi mesi. Come se noi dicessimo.. che ne so… il mese di Aprile.
In più loro contano gli anni a partire da una data cruciale (per loro), cioè l’atto di fondazione da parte del profeta Maometto della religione islamica. Non ricordo l’anno… mi pare 632 dopo Cristo.
I musulmani si trovano adesso nell’anno 1427.
Nella foto sotto si vede in grande un calendario riportante la nostra data europea. Poi sotto l’anno 1723 dei cristiani copti d’egitto (cui prima o poi dedicherò un post); poi c’è l’anno l'anno musulmano ( Egira 1427); per ultima la datazione ebraica (anno 5767!).

Un’altra cosa interessante è che questo mese NON inizia non in modo “oggettivo” come saremmo abituati a pensare noi occidentali, e cioè quando astronomicamente la luna sorge all’orizzonte.
Naaaaaaaaa!
Troppo facile.
Banale. Troppo oggettivo.
Troppo occidentale!
Il mese lunare di Ramadan inizia quando qualcuno (non uno qualunque, ma una persona accreditata) VEDE ad occhio nudo questa benedetta falce lunare alzarsi nel cielo.
Il grande Muftì (sarebbe come dire il vescovo) non l’ha ancora vista perché ha la diarrea o perché quel giorno era nuvoloso? (cosa del resto rara in Egitto, le nuvole non la diarrea!)
Pazienza! Vuol dire che il mese non è ancora iniziato.
Se non l’ha vista Lui, niente da fare.
Allora l’inizio del Ramadan, per sicurezza, slitterà al giorno successivo o, se persiste l’impossibilità all’osservazione, due giorni dopo.
Come ho già detto il Ramadan è il mese più importante.
Il digiuno prescritto dalla religione islamica è e deve essere assoluto.
Non bevono, non fumano, no televisione, donne. Non possono neanche inghiottire la saliva! Così sputano per terra.
Il digiuno dura dalle prime luci dell’alba fino al tramonto; in genere va fatto precedere da un pasto leggero poco prima dell’alba, detto “suhur”, per poter iniziare la giornata e fare il pieno di energia prima della dura prova.
Il significato più importante dell’astensione sarebbe quello spirituale. Così, il digiuno fisico è solo un preludio al vero digiuno, quello dei sentimenti e dei pensieri impuri.
Durante il mese i fedeli devono assolutamente astenersi dal male in tutte le sue forme.
Rimane il fatto però che la cosa più provante è la fame e la sete cui sono sottoposti milioni di persone.
Provate a pensare.
Finchè la sacra ricorrenza cade in inverno tutto fila abbastanza liscio.
In inverno la temperatura e’ assai mite (non fa così freddo, non fa caldo).
Immaginate quando il Ramadan cade in piena estate.
Io c’ero quest’estate, la mia prima al Cairo, non dovevo digiunare (per fortuna), né astenermi dal bere liquidi. Eppure quando vedevo una bottiglia, mi ci abbarbicavo saldamente come un lichene e ne benevo il contenuto fino all’ultima molecola.
Nonostante le mie bevute da idrovora, avevo sempre sete.
Disumano allora, immaginare di lavorare in ufficio o nei campi come in fabbrica; andare a scuola con quel caldo e non poter neppure bere un sorso d’acqua! A peggiorare le cose basti pensare che d’estate il sole sorge prima e tramonta più tardi. L’arco diurno è molto più esteso che in inverno; il patimento deve essere notevole.
Quest’anno il Ramadan è caduto dal 24 settembre al 22 ottobre.
Allah è stato clemente, la temperatura è ormai decisamente confortevole e fa caldo solo nelle ore centrali della giornata.
Dopo questa prova il fedele rafforza la sua energia interiore.
L’uomo impara a tenere sotto controllo i suoi desideri fisici e volge la sua coscienza spirituale ad uno stato più elevato. Durante questo mese le porte del paradiso sarebbero un po’ più aperte del solito.
Un momento! Ma quando i musulmani possono (giornalmente) interrompere il digiuno?
Al tramonto!?
Ma quando tramonta il sole?
In città ci sono i palazzi, impossibile vedere l’orizzonte.
Niente paura. Su tutte le prime pagine dei giornali nazionali, come anche alla televisione, alla radio, al cinema, l’interruzione del digiuno è segnalata con dovizia e cura. Nella foto che allego vedete l’ora di fine e di inizio digiuno scritte con i numeri arabici. Si vede disegnata una piccola lanternina, sopra c’è una falce lunare e sulla destra dei numeri indicanti due orari: le 17,18, l’ora del tramonto in cui è possibile lanciarsi sul cibo; le 04,13 del mattino, il sorgere del sole cioè fine della pacchia e inizio delle nuove sofferenze.
Un momento! La lanternina….. mi ricorda la confezione del detersivo per piatti Pril!
Dopo sveleremo il mistero.

E’ il momento dell’ IFTAR, l’interruzione del digiuno. Bramato con ansia da milioni di persone che aspettano il colpo di cannone sparato dai militari sulla collina del Moqattam, proprio sopra la città.
E il segnale di via. Il sole è tramontato. Comincia il Neftar.
In arabo, il verbo…“Neftar” significa fare “l’Iftar tutti assieme.
Il momento più bello è mezz’ora prima dell’Iftar.
La città si svuota completamente.
Spettrale.
E, credetemi, se venite al Cairo e vedete il casino proteiforme nelle strade ininterrotto a qualunque ora del giorno e della notte; e a un certo punto invece, più niente, allora capirete il senso di quella parola: spettrale.
Non è mai così.
A volte di notte mi alzo per la pisciatina di prammatica.
Mentre mingo, canticchiando nella mia testa la nenia del muezzin di turno, non posso fare a meno di guardare dalla finestra la “Abdel Kader Taha”. La strada di fronte alla scuola è invasa da una coda ininterrotta di macchine come da noi le statali nell’ora di punta. Però, cazzarola, sono le 3 del mattino!
Torniamo a quel “ Ramadan Karim”. Generoso?
La penitenza del digiuno serve al fedele per capire le sofferenze della gente povera e bisognosa. Il povero non può mangiare, così il ricco, soffrendo gli stessi patimenti del povero, apre la sua coscienza alle esigenze dei bisognosi.
Il bravo devoto musulmano deve essere generoso. Generoso è colui che fa l’elemosina, e che condivide con i poveri tutti i suoi averi.
Così, se andate in giro in una città musulmana durante il mese di Ramadan, vedrete immense tavolate (lunghe anche decine di metri) dove si raccolgono soprattutto i poveri della città.
Al momento dell’Iftar viene servito un pasto in comune. Sopra i tavoli c’è sempre l’immancabile megafono con il muezzin della moschea più vicino che spara la sua preghiera a 120 decibel. Qualche minuto prima del tramonto sono tutti lì. Aspettano trepidanti con forchetta e coltello in mano e tovagliolo al collo, il segnale del via per abbuffarsi di cibo.
Chi ha fame e, sono molti in questa città, a giudicare dall’ampiezza e dall’ubiquità di queste tavolate (sono dappertutto), sopporta con pazienza il frastuono e si lancia come un piranha sulle pietanze. Dopo un quarto d’ora i tavoli sono già sgombri e tutti sono tornati a casa.

Anch’io sono stato invitato ad un Iftar.
La cosa era un po’ paradossale dal momento che eravamo in maggioranza cristiani. C’erano però anche due amici musulmani e la cena è stata organizzata proprio per loro, in segno di amicizia.
All’inizio si beve un beverone di acqua e datteri e frutta secca.
Quando si rompe il digiuno non si deve mangiare subito!
Io non avevo neppure fame. Erano le 6. Gli amici musulmani invece, arrazzati dal digiuno, si sono buttati, come cammelli ingrifiti sulla bevanda oleosa e scurastra.
L’aspetto in effetti non è invitante, una sorta di melassa lattiginosa (immaginate l’olio esausto della vostra macchina) nella quale sono in sospensione datteri e frutta secca; ma… è buonissimo! Veramente una leccornia. Non adatto però a chi non ama i dolci… dolcissimi.
Dicevo che la città respira un’atmosfera festaiola; ci sono le luminarie, e sono così identiche a quelle nostre natalizie che ti aspetteresti di vedere Babbo Natale spuntare sopra i minareti. Alla televisione fanno i film migliori e le famiglie si ritrovano per i pranzi in comune che diventano occasione di festa e allegria.
E già, Babbo Natale! L’albero di Natale!
Per noi europei sono questi ormai i simboli del Natale.
Gesù Bambino? Scomodo.
Meglio un albero laico e colorato. Tanti problemi in meno.
E poi provate a contare gli alberi, gli alberelli, gli alberoni giganti natalizi in una città occidentale. Sopravanzano e di molto i bambin Gesù.
Dunque l’abete è il vero simbolo del Natale.
E al Cairo?
Al Cairo e in tutti le nazioni islamiche c’è il Fanùs.
Il Fanùs è una lanterna che i fedeli appendono, accesa, fuori dai terrazzi, alle finestre, davanti ai negozi, dovunque.
E’ l’analogo perfetto del nostro albero di Natale.
Entrambi “rendono l’idea” proprio di notte quando sono illuminati.
Qual è il significato del Fanus?
Boh. Ho letto su internet decine di interpretazioni di questo simpatico simbolo.
In verità nessuno sa cosa significhi veramente.
Del resto chi di voi sa cosa rappresenti l’albero di Natale?

In questo periodo ci sono negozi specializzati solo in questo articolo. Come da noi ci sono gli abeti sono veri, o quelli in plastica in mille fatture e misure; allo stesso modo i Fawanis (plurale di fanùs) si vendono a partire da quelli colossali di qualche metro fino a quelli soprammobile.
Di plastica o in fine rame ribattuto.
Dovunque. Ci sono intere vie tapezzate di Fanus.
Ecco dunque svelato il piccolo mistero del cartellone pubblicitario Pril!!
La confezione di detersivo liquido è un Fanus! E’ una lanterna.
Nella scritta si fa riferimento alla nostalgia per un periodo di festa così importante per tutti i musulmani (Avevamo nostalgia di te, Ramadan!). Nella foto ci sono tutti i simboli più tipici di questo
periodo. La lanterna Fanus, la luna, la notte stellata che dà inizio ai bagordi alimentari; i festoni decorativi.
Un momento.
Uno potrebbe pensare che questa pubblicità risulti blasfema ai musulmani.
E invece no. Campeggia cubitale sotto i cavalcavia e lungo le rive del Nilo. La trovi dentro i corridoi della metro o in prossimità delle moschee.
Per questo l’ho scelta come immagine e “vero” simbolo del Ramandan egiziano.
Anche qui il consumismo avanza e divora tutto.
Ne parliamo più avanti.
Dicevo che l’iftar è come per noi il pranzo di Natale. Si ritrovano tutti i parenti, i nipotini e le nonne con i nonni.
Impossibile trovare un biglietto aereo o ferroviario in questo periodo. Le famiglie si riuniscono e gli emigranti attraversano l’oceano per festeggiare il Ramadan con i loro cari.
Attenzione. La famiglia in Egitto significa 5 o 6 figli. Perciò la famiglia completa (zii, nonni rimbambiti, cugini petulanti, sorelle pettegole, fratelli, cognati invidiosi, nipotini chiassosi) vuol dire non meno di alcune decine di persone.
Intuisci la bellezza di questo rito familiare dall’eccitazione che vedi dipinta nei loro volti, un’ora prima dell’Iftar.
Pensate. Non solo il rito della riunione della famiglia ma l’attesa sofferente e collettiva del momento in cui potranno bere anche solo un sorso d’acqua.
E’ questo il bello.
La sofferenza è collettiva. Tutti si fanno forza e si incoraggiano a vicenda, si salutano con calore ammiccando al patimento comune, come per dire… “Come va, Ahmed? Dai su, ancora due ore e poi… Iftar!”.
Questo accade anche tra sconosciuti, per strada o nei mezzi pubblici.
La sofferenza accomuna e fa cadere le barriere tra le persone. Questo ho avuto modo di sperimentarlo di persona e devo dire che è stata una bellissima senzazione di gioia comunitaria.
Mi trovavo in metropolitana.
Stavo andando in giro per compere e il tramonto del sole è avvenuto proprio mentre il vagone correva sottoterra.
Ad un certo momento tutti si sono guardati negli occhi con sguardi felici.
Pacche sulle spalle e strette di mano. Ramadan Karim! Si bisbigliavano a vicenda.
Ovviamente erano tutti perfetti sconosciuti nel senso che non si conoscevano tra loro: la classica massa impersonale della grande metropoli.
Pendolari, bambini che tornavano da scuola, casalinghe, contadini, impiegati.
Qualcuno ha estratto dei sacchetti (già pensati per la bisogna) ed ha cominciato una distribuzione collettiva di datteri e di acqua.
Due mani sporchissime e unte mi hanno porto un dattero e una bottiglia di plastica per un sorso d’acqua (per chi se la sentiva di bere da una bottiglia dove avevano messo la bocca 74 persone!).
Non ho bevuto dalla bottiglia nè ho mangiato subito il dattero, simile nell’aspetto a un terreno di coltura di virus minacciosi e letali. Appena arrivato al Don Bosco l’ho disinfettato dentro il microonde e poi l’ho trangugiato.
Ognuno di quei pendolari correva a casa per uno dei tanti Iftar di questo mese.
Tanti, appunto.
Quante mangiatone facciamo noi durante le feste?
Il pranzo di Natale, il cenone dell’ultimo, eventuali ribaltoni il giorno successivo (per far fuori gli avanzi).Così, per soli due o tre pranzi e cene ci sentiamo in colpa per mesi. Ah! La linea! I bagordi natalizi.
Sciocchezzuole.
Qui fanno 30 cene-Iftar. Poi bissano verso mezzanotte con un’altra mangiatona.
E non è finita.
Prima del risveglio, per i più irriducibili c’è il “sohor”, la pantagruelica mangiata consumata all’alba prima del sorgere del sole.
E così via.
Quali sono le conseguenze sociali, economiche, lavorative di tutto questo ambaradan?
La prima conseguenza più evidente è che l ’Egitto semplicemente si ferma.
Sissignori. Si ferma tutto.
Un’ora prima dell’Iftar, ma che dico teniamoci larghi!! 2, 3, 4 ore prima dell’Iftar, cioè verso le 2 del pomeriggio, tutto si chiude, si ferma, non lavora più nessuno.
Ve lo immaginate che pacchia?
Oltre al loro santissimo mese di ferie (ad Agosto come da noi) i musulmani si fanno il secondo mese di ferie (pagate!).
E se il Ramadan, quest’anno, cadesse proprio ad agosto? (cosa che capita puntualmente ogni tot anni?).
Ma-fish mushkela! Come dicono gli egizi: non c’è problema!
Le ferie si spostano a settembre. Allah akbar, Dio è grande!
Così, me la rido al pensiero dei litigi politici e giornalistici che si sentono fare in Italia quanto i vari ministri di turno danno le cifre del prodotto interno lordo italiano:
Ecco la foto di un cartellone pubblicitario che campeggia in questi giorni, cubitale, in tutti i viali che attraversano la metropoli.
Si vede una tipica confezione da detersivo per piatti, di nome “PRIL”; l’involucro di plastica ha una strana forma; inusuale almeno per noi, assolutissimamente familiare per tutti i musulmani.
Poi c’è una piccola falce lunare, una notte stellata e dei festoni simil-natalizi.
Di che cosa si tratta?
Perché la pubblicità di un banale detersivo per piatti adotta questo simbologia?
Sotto leggiamo (se sappiamo l’arabo!): “Wahshatna ya ramadan!” che si potrebbe tradurre con… “Avevamo nostalgia di te, Ramadan!”
E’ soprattutto la forma del flacone la cosa che dovrebbe incuriosire chi guarda questa foto.
Spiegherò dopo di che si tratta.
Torniamo adesso al titolo del post: Ramadan Karim!
Ramadan Karim si può tradurre con “un Ramadan generoso” ed è l’augurio più tipico che si fa da queste parti in questo periodo.
Sarebbe un po’ come dire… Buon Natale! anche se, ovviamente, qui si rizzerebbero le orecchie a tutti i musulmani a sentire questo blasfemo accostamento.
Beninteso i musulmani del Natale ne sanno ben poco; qualcuno forse sa che è la più importante festa cristiana.
Dicevo, il Ramadan (si pronuncia all’incirca Ramadòn) è la più importante festa islamica. Dura un mese intero ed è attesa dai, soprattutto dai bambini, ma anche dai grandi con un misto di eccitazione e di fervore religioso.
Nei trenta giorni i fedeli devono astenersi dal cibo e dalle bevande, dal fumo, dal sesso, dai pensieri cattivi… dall’alba fino al tramonto.
E’ un periodo di purificazione e di penitenza.
In tutto e per tutto ricorda il nostro periodo natalizio. Solo che qui non si usa fare regali come da noi. Le famiglie si riuniscono per la sacra ricorrenza, le pasticcerie sono piene di dolciumi; tutti sono o “dovrebbero” essere più buoni; nelle strade si respira un’aria particolare, e le case sono addobbate con festoni e luminarie.
Da dove trae origine questa ricorrenza?
Anticamente i musulmani dividevano l’anno in 12 mesi lunari. Ognuno con il suo nome complicato e impronunciabile. I mesi musulmani sono di 29 o 30 giorni per cui sono mediamente più corti dei nostri, i quali, beninteso, ormai di lunare non hanno più nulla se non, all’incirca, la durata.
L’anno musulmano (che comunque loro non usano affatto, ormai l’anno cristiano la fa da padrone!) è di soli 354 giorni, perché deriva dalla somma di 12 mesi lunari di 29 giorni: quindi è 11 giorni più breve rispetto a quello solare.
I mesi iniziano e finiscono ad ogni Luna nuova, cioè quando la luna con una falce sottilissima comincia a vedersi nel cielo notturno.
Cosa succede adottando questo sistema di conteggio del tempo?
Succede che i mesi si “muovono” lungo le stagioni! Perciò mentre per noi novembre, dicembre e gennaio sono mesi indissociabili con la stagione invernale, lo stesso non può dirsi del calendario musulmano. I mesi che lo compongono cadono in un punto dell’anno ma poi, l’anno successivo si ripresentano 11 giorni prima e poi ancora 11 giorni prima (cioè un terzo di mese) con il passare degli anni.
Cosi un qualunque mese in 36 anni fa tutto il giro delle stagioni, presentandosi in autunno, estate, primavera e poi inverno.
Sarebbe come dire che il mese di Dicembre, si spostasse anno dopo anno fino a diventare un mese estivo per poi ritornare 10 o 20 anni dopo ad essere invernale e così via…. Sono stato chiaro?
Il Ramadan non è che uno di questi mesi. Come se noi dicessimo.. che ne so… il mese di Aprile.
In più loro contano gli anni a partire da una data cruciale (per loro), cioè l’atto di fondazione da parte del profeta Maometto della religione islamica. Non ricordo l’anno… mi pare 632 dopo Cristo.
I musulmani si trovano adesso nell’anno 1427.
Nella foto sotto si vede in grande un calendario riportante la nostra data europea. Poi sotto l’anno 1723 dei cristiani copti d’egitto (cui prima o poi dedicherò un post); poi c’è l’anno l'anno musulmano ( Egira 1427); per ultima la datazione ebraica (anno 5767!).

Un’altra cosa interessante è che questo mese NON inizia non in modo “oggettivo” come saremmo abituati a pensare noi occidentali, e cioè quando astronomicamente la luna sorge all’orizzonte.
Naaaaaaaaa!
Troppo facile.
Banale. Troppo oggettivo.
Troppo occidentale!
Il mese lunare di Ramadan inizia quando qualcuno (non uno qualunque, ma una persona accreditata) VEDE ad occhio nudo questa benedetta falce lunare alzarsi nel cielo.
Il grande Muftì (sarebbe come dire il vescovo) non l’ha ancora vista perché ha la diarrea o perché quel giorno era nuvoloso? (cosa del resto rara in Egitto, le nuvole non la diarrea!)
Pazienza! Vuol dire che il mese non è ancora iniziato.
Se non l’ha vista Lui, niente da fare.
Allora l’inizio del Ramadan, per sicurezza, slitterà al giorno successivo o, se persiste l’impossibilità all’osservazione, due giorni dopo.
Come ho già detto il Ramadan è il mese più importante.
Il digiuno prescritto dalla religione islamica è e deve essere assoluto.
Non bevono, non fumano, no televisione, donne. Non possono neanche inghiottire la saliva! Così sputano per terra.
Il digiuno dura dalle prime luci dell’alba fino al tramonto; in genere va fatto precedere da un pasto leggero poco prima dell’alba, detto “suhur”, per poter iniziare la giornata e fare il pieno di energia prima della dura prova.
Il significato più importante dell’astensione sarebbe quello spirituale. Così, il digiuno fisico è solo un preludio al vero digiuno, quello dei sentimenti e dei pensieri impuri.
Durante il mese i fedeli devono assolutamente astenersi dal male in tutte le sue forme.
Rimane il fatto però che la cosa più provante è la fame e la sete cui sono sottoposti milioni di persone.
Provate a pensare.
Finchè la sacra ricorrenza cade in inverno tutto fila abbastanza liscio.
In inverno la temperatura e’ assai mite (non fa così freddo, non fa caldo).
Immaginate quando il Ramadan cade in piena estate.
Io c’ero quest’estate, la mia prima al Cairo, non dovevo digiunare (per fortuna), né astenermi dal bere liquidi. Eppure quando vedevo una bottiglia, mi ci abbarbicavo saldamente come un lichene e ne benevo il contenuto fino all’ultima molecola.
Nonostante le mie bevute da idrovora, avevo sempre sete.
Disumano allora, immaginare di lavorare in ufficio o nei campi come in fabbrica; andare a scuola con quel caldo e non poter neppure bere un sorso d’acqua! A peggiorare le cose basti pensare che d’estate il sole sorge prima e tramonta più tardi. L’arco diurno è molto più esteso che in inverno; il patimento deve essere notevole.
Quest’anno il Ramadan è caduto dal 24 settembre al 22 ottobre.
Allah è stato clemente, la temperatura è ormai decisamente confortevole e fa caldo solo nelle ore centrali della giornata.
Dopo questa prova il fedele rafforza la sua energia interiore.
L’uomo impara a tenere sotto controllo i suoi desideri fisici e volge la sua coscienza spirituale ad uno stato più elevato. Durante questo mese le porte del paradiso sarebbero un po’ più aperte del solito.
Un momento! Ma quando i musulmani possono (giornalmente) interrompere il digiuno?
Al tramonto!?
Ma quando tramonta il sole?
In città ci sono i palazzi, impossibile vedere l’orizzonte.
Niente paura. Su tutte le prime pagine dei giornali nazionali, come anche alla televisione, alla radio, al cinema, l’interruzione del digiuno è segnalata con dovizia e cura. Nella foto che allego vedete l’ora di fine e di inizio digiuno scritte con i numeri arabici. Si vede disegnata una piccola lanternina, sopra c’è una falce lunare e sulla destra dei numeri indicanti due orari: le 17,18, l’ora del tramonto in cui è possibile lanciarsi sul cibo; le 04,13 del mattino, il sorgere del sole cioè fine della pacchia e inizio delle nuove sofferenze.
Un momento! La lanternina….. mi ricorda la confezione del detersivo per piatti Pril!
Dopo sveleremo il mistero.

E’ il momento dell’ IFTAR, l’interruzione del digiuno. Bramato con ansia da milioni di persone che aspettano il colpo di cannone sparato dai militari sulla collina del Moqattam, proprio sopra la città.
E il segnale di via. Il sole è tramontato. Comincia il Neftar.
In arabo, il verbo…“Neftar” significa fare “l’Iftar tutti assieme.
Il momento più bello è mezz’ora prima dell’Iftar.
La città si svuota completamente.
Spettrale.
E, credetemi, se venite al Cairo e vedete il casino proteiforme nelle strade ininterrotto a qualunque ora del giorno e della notte; e a un certo punto invece, più niente, allora capirete il senso di quella parola: spettrale.
Non è mai così.
A volte di notte mi alzo per la pisciatina di prammatica.
Mentre mingo, canticchiando nella mia testa la nenia del muezzin di turno, non posso fare a meno di guardare dalla finestra la “Abdel Kader Taha”. La strada di fronte alla scuola è invasa da una coda ininterrotta di macchine come da noi le statali nell’ora di punta. Però, cazzarola, sono le 3 del mattino!
Torniamo a quel “ Ramadan Karim”. Generoso?
La penitenza del digiuno serve al fedele per capire le sofferenze della gente povera e bisognosa. Il povero non può mangiare, così il ricco, soffrendo gli stessi patimenti del povero, apre la sua coscienza alle esigenze dei bisognosi.
Il bravo devoto musulmano deve essere generoso. Generoso è colui che fa l’elemosina, e che condivide con i poveri tutti i suoi averi.
Così, se andate in giro in una città musulmana durante il mese di Ramadan, vedrete immense tavolate (lunghe anche decine di metri) dove si raccolgono soprattutto i poveri della città.
Al momento dell’Iftar viene servito un pasto in comune. Sopra i tavoli c’è sempre l’immancabile megafono con il muezzin della moschea più vicino che spara la sua preghiera a 120 decibel. Qualche minuto prima del tramonto sono tutti lì. Aspettano trepidanti con forchetta e coltello in mano e tovagliolo al collo, il segnale del via per abbuffarsi di cibo.
Chi ha fame e, sono molti in questa città, a giudicare dall’ampiezza e dall’ubiquità di queste tavolate (sono dappertutto), sopporta con pazienza il frastuono e si lancia come un piranha sulle pietanze. Dopo un quarto d’ora i tavoli sono già sgombri e tutti sono tornati a casa.

Anch’io sono stato invitato ad un Iftar.
La cosa era un po’ paradossale dal momento che eravamo in maggioranza cristiani. C’erano però anche due amici musulmani e la cena è stata organizzata proprio per loro, in segno di amicizia.
All’inizio si beve un beverone di acqua e datteri e frutta secca.
Quando si rompe il digiuno non si deve mangiare subito!
Io non avevo neppure fame. Erano le 6. Gli amici musulmani invece, arrazzati dal digiuno, si sono buttati, come cammelli ingrifiti sulla bevanda oleosa e scurastra.
L’aspetto in effetti non è invitante, una sorta di melassa lattiginosa (immaginate l’olio esausto della vostra macchina) nella quale sono in sospensione datteri e frutta secca; ma… è buonissimo! Veramente una leccornia. Non adatto però a chi non ama i dolci… dolcissimi.
Dicevo che la città respira un’atmosfera festaiola; ci sono le luminarie, e sono così identiche a quelle nostre natalizie che ti aspetteresti di vedere Babbo Natale spuntare sopra i minareti. Alla televisione fanno i film migliori e le famiglie si ritrovano per i pranzi in comune che diventano occasione di festa e allegria.
E già, Babbo Natale! L’albero di Natale!
Per noi europei sono questi ormai i simboli del Natale.
Gesù Bambino? Scomodo.
Meglio un albero laico e colorato. Tanti problemi in meno.
E poi provate a contare gli alberi, gli alberelli, gli alberoni giganti natalizi in una città occidentale. Sopravanzano e di molto i bambin Gesù.
Dunque l’abete è il vero simbolo del Natale.
E al Cairo?
Al Cairo e in tutti le nazioni islamiche c’è il Fanùs.
Il Fanùs è una lanterna che i fedeli appendono, accesa, fuori dai terrazzi, alle finestre, davanti ai negozi, dovunque.
E’ l’analogo perfetto del nostro albero di Natale.
Entrambi “rendono l’idea” proprio di notte quando sono illuminati.
Qual è il significato del Fanus?
Boh. Ho letto su internet decine di interpretazioni di questo simpatico simbolo.
In verità nessuno sa cosa significhi veramente.
Del resto chi di voi sa cosa rappresenti l’albero di Natale?

In questo periodo ci sono negozi specializzati solo in questo articolo. Come da noi ci sono gli abeti sono veri, o quelli in plastica in mille fatture e misure; allo stesso modo i Fawanis (plurale di fanùs) si vendono a partire da quelli colossali di qualche metro fino a quelli soprammobile.
Di plastica o in fine rame ribattuto.
Dovunque. Ci sono intere vie tapezzate di Fanus.
Ecco dunque svelato il piccolo mistero del cartellone pubblicitario Pril!!
La confezione di detersivo liquido è un Fanus! E’ una lanterna.
Nella scritta si fa riferimento alla nostalgia per un periodo di festa così importante per tutti i musulmani (Avevamo nostalgia di te, Ramadan!). Nella foto ci sono tutti i simboli più tipici di questo

Un momento.
Uno potrebbe pensare che questa pubblicità risulti blasfema ai musulmani.
E invece no. Campeggia cubitale sotto i cavalcavia e lungo le rive del Nilo. La trovi dentro i corridoi della metro o in prossimità delle moschee.
Per questo l’ho scelta come immagine e “vero” simbolo del Ramandan egiziano.
Anche qui il consumismo avanza e divora tutto.
Ne parliamo più avanti.
Dicevo che l’iftar è come per noi il pranzo di Natale. Si ritrovano tutti i parenti, i nipotini e le nonne con i nonni.
Impossibile trovare un biglietto aereo o ferroviario in questo periodo. Le famiglie si riuniscono e gli emigranti attraversano l’oceano per festeggiare il Ramadan con i loro cari.
Attenzione. La famiglia in Egitto significa 5 o 6 figli. Perciò la famiglia completa (zii, nonni rimbambiti, cugini petulanti, sorelle pettegole, fratelli, cognati invidiosi, nipotini chiassosi) vuol dire non meno di alcune decine di persone.
Intuisci la bellezza di questo rito familiare dall’eccitazione che vedi dipinta nei loro volti, un’ora prima dell’Iftar.
Pensate. Non solo il rito della riunione della famiglia ma l’attesa sofferente e collettiva del momento in cui potranno bere anche solo un sorso d’acqua.
E’ questo il bello.
La sofferenza è collettiva. Tutti si fanno forza e si incoraggiano a vicenda, si salutano con calore ammiccando al patimento comune, come per dire… “Come va, Ahmed? Dai su, ancora due ore e poi… Iftar!”.
Questo accade anche tra sconosciuti, per strada o nei mezzi pubblici.
La sofferenza accomuna e fa cadere le barriere tra le persone. Questo ho avuto modo di sperimentarlo di persona e devo dire che è stata una bellissima senzazione di gioia comunitaria.
Mi trovavo in metropolitana.
Stavo andando in giro per compere e il tramonto del sole è avvenuto proprio mentre il vagone correva sottoterra.
Ad un certo momento tutti si sono guardati negli occhi con sguardi felici.
Pacche sulle spalle e strette di mano. Ramadan Karim! Si bisbigliavano a vicenda.
Ovviamente erano tutti perfetti sconosciuti nel senso che non si conoscevano tra loro: la classica massa impersonale della grande metropoli.
Pendolari, bambini che tornavano da scuola, casalinghe, contadini, impiegati.
Qualcuno ha estratto dei sacchetti (già pensati per la bisogna) ed ha cominciato una distribuzione collettiva di datteri e di acqua.
Due mani sporchissime e unte mi hanno porto un dattero e una bottiglia di plastica per un sorso d’acqua (per chi se la sentiva di bere da una bottiglia dove avevano messo la bocca 74 persone!).
Non ho bevuto dalla bottiglia nè ho mangiato subito il dattero, simile nell’aspetto a un terreno di coltura di virus minacciosi e letali. Appena arrivato al Don Bosco l’ho disinfettato dentro il microonde e poi l’ho trangugiato.
Ognuno di quei pendolari correva a casa per uno dei tanti Iftar di questo mese.
Tanti, appunto.
Quante mangiatone facciamo noi durante le feste?
Il pranzo di Natale, il cenone dell’ultimo, eventuali ribaltoni il giorno successivo (per far fuori gli avanzi).Così, per soli due o tre pranzi e cene ci sentiamo in colpa per mesi. Ah! La linea! I bagordi natalizi.
Sciocchezzuole.
Qui fanno 30 cene-Iftar. Poi bissano verso mezzanotte con un’altra mangiatona.
E non è finita.
Prima del risveglio, per i più irriducibili c’è il “sohor”, la pantagruelica mangiata consumata all’alba prima del sorgere del sole.
E così via.
Quali sono le conseguenze sociali, economiche, lavorative di tutto questo ambaradan?
La prima conseguenza più evidente è che l ’Egitto semplicemente si ferma.
Sissignori. Si ferma tutto.
Un’ora prima dell’Iftar, ma che dico teniamoci larghi!! 2, 3, 4 ore prima dell’Iftar, cioè verso le 2 del pomeriggio, tutto si chiude, si ferma, non lavora più nessuno.
Ve lo immaginate che pacchia?
Oltre al loro santissimo mese di ferie (ad Agosto come da noi) i musulmani si fanno il secondo mese di ferie (pagate!).
E se il Ramadan, quest’anno, cadesse proprio ad agosto? (cosa che capita puntualmente ogni tot anni?).
Ma-fish mushkela! Come dicono gli egizi: non c’è problema!
Le ferie si spostano a settembre. Allah akbar, Dio è grande!
Così, me la rido al pensiero dei litigi politici e giornalistici che si sentono fare in Italia quanto i vari ministri di turno danno le cifre del prodotto interno lordo italiano:
“Quest’anno il PIL ha sfiorato solo l’ 1,4 %, … dunque lo 0,2 % in meno di quanto previsto… ma, attenzione!! solo a causa di un effetto perverso di uno sciopero e di un ponte inatteso… che avrebbe diminuito la produttività”.
Come dire che da noi, una o due giornate di lavoro in meno distruggerebbero la competitività della nazione!
Qui invece, allegramente e, a parer mio saggiamente, SE NE SBATTONO DEL LAVORO.
Due mesi di ferie (agosto e Ramadan) e… Allah akbar! Dio è grande.
Altre note simpatiche di colore esotico: l’alito collettivo.
Mai sentito parlare di alito collettivo? Da noi no di certo.
Venite in una grande città musulmana nei giorni del digiuno!
Entrare in metropolitana durante il giorno. Bleah!
O in una stanza chiusa dove si tiene una riunione. Blaah!
L’alito collettivo dei digiunanti è terribile!
In classe gli allievi musulmani sanno da pesce morto.
E si comportano come pesci morti.
Stanno svegli fino a tardi per festeggiare con i parenti. Si ingozzano, non dormono, mangiano cibi fritti e indigesti…
E poi dormono! In classe!
E guai se mi arrabbio. Che cavolo, devo essere gentile con loro. In fondo è la sacra festa del Ramadan e loro stanno soffrendo per la loro purezza spirituale.
In classe ne sono successe di tutti i colori.
La classica richiesta del ragazzino:
“Prof Ivano posso andare in bagno?” - con la mano alzata e con un filo di voce, viene subito potentemente sovrastata da i suoi compagni…:
“No prof Ivano, Mahmoud, ora non va in bagno!!!”,
“Perché?” - chiedo io stranito,
“Perché lui ha sete. Lui va bere. Lui No bravo musulmano!”
I ragazzi si accusano vicendevolmente di bere e di mangiare di nascosto!
Così mi è toccato pure vigilare sulla virtù islamica dei miei allievi musulmani, perché se solo avessi concesso loro di andare in bagno, zac!, sarei stato complice del loro peccato verso Dio, pardon Allah.
Dopo qualche giorno mi decido per la consueta linea prussiana.
Severità e rigore. In classe non si dorme.
In più, gli alunni cristiani (il 60%) avendo costatato da parte loro l’andazzo da dormitorio hanno preso, per par condicio, a dormire pure loro.
Sveglio i ragazzi dormienti con potenti pugni sul banco e urlo SABAH AL KHER!
Un mattino di gioia, è questa la traduzione del buongiorno in arabo.
E poi dormono! In classe!
E guai se mi arrabbio. Che cavolo, devo essere gentile con loro. In fondo è la sacra festa del Ramadan e loro stanno soffrendo per la loro purezza spirituale.
In classe ne sono successe di tutti i colori.
La classica richiesta del ragazzino:
“Prof Ivano posso andare in bagno?” - con la mano alzata e con un filo di voce, viene subito potentemente sovrastata da i suoi compagni…:
“No prof Ivano, Mahmoud, ora non va in bagno!!!”,
“Perché?” - chiedo io stranito,
“Perché lui ha sete. Lui va bere. Lui No bravo musulmano!”
I ragazzi si accusano vicendevolmente di bere e di mangiare di nascosto!
Così mi è toccato pure vigilare sulla virtù islamica dei miei allievi musulmani, perché se solo avessi concesso loro di andare in bagno, zac!, sarei stato complice del loro peccato verso Dio, pardon Allah.
Dopo qualche giorno mi decido per la consueta linea prussiana.
Severità e rigore. In classe non si dorme.
In più, gli alunni cristiani (il 60%) avendo costatato da parte loro l’andazzo da dormitorio hanno preso, per par condicio, a dormire pure loro.
Sveglio i ragazzi dormienti con potenti pugni sul banco e urlo SABAH AL KHER!
Un mattino di gioia, è questa la traduzione del buongiorno in arabo.
Solo che in questa situazione suona un poco ironico.
L’altro giorno Abu el Ela, uno dei ragazzi della I B, dopo la consueta cannonata di risveglio sul banco, ha alzato la testa strabuzzando gli occhi infastiditi dalla luce.
Si è guardato attorno come per capire dove fosse.
In effetti il risveglio era stato brusco.
Ha bisbigliato un flebile “Sabah en-nur” (un mattino di luce, la risposta tipica) e si è rimesso subito a dormire.
Come se non fosse bastato il mese di bagordi, la festa culminante del Ramadan si chiama “Eid al Fitr”. Là tutto si scatena, appetiti alimentari soprattutto.
Un giorno di festa. Nossignori. Tre giorni interi.
Il risultato di queste feste? E’ evidente.
Obesità. Obesità. Obesità.
Ovviamente tutta questo ossequio al preteso spiritualismo della festa religiosa concede molto spazio al lassismo laicizzante e a più disinvolti atteggiamenti consumistici che stanno prendendo piede anche qua.
Siete malati?
Siete una donna in cinta?
State facendo un viaggio?
Siete angosciati?
Allora siete esentati dal digiuno.
Le possibili esenzioni sono moltissime e non si contano.
Come anche non si contano gli espedienti per interrompere il digiuno senza incorrere nel peccato.
L’altro giorno Abu el Ela, uno dei ragazzi della I B, dopo la consueta cannonata di risveglio sul banco, ha alzato la testa strabuzzando gli occhi infastiditi dalla luce.
Si è guardato attorno come per capire dove fosse.
In effetti il risveglio era stato brusco.
Ha bisbigliato un flebile “Sabah en-nur” (un mattino di luce, la risposta tipica) e si è rimesso subito a dormire.
Come se non fosse bastato il mese di bagordi, la festa culminante del Ramadan si chiama “Eid al Fitr”. Là tutto si scatena, appetiti alimentari soprattutto.
Un giorno di festa. Nossignori. Tre giorni interi.
Il risultato di queste feste? E’ evidente.
Obesità. Obesità. Obesità.
Ovviamente tutta questo ossequio al preteso spiritualismo della festa religiosa concede molto spazio al lassismo laicizzante e a più disinvolti atteggiamenti consumistici che stanno prendendo piede anche qua.
Siete malati?
Siete una donna in cinta?
State facendo un viaggio?
Siete angosciati?
Allora siete esentati dal digiuno.
Le possibili esenzioni sono moltissime e non si contano.
Come anche non si contano gli espedienti per interrompere il digiuno senza incorrere nel peccato.
Alcuni giorni fa ho letto una barzelletta sulle pagine di un giornale nazionale che ironizzava su questo lassimo. Un uomo va in stazione e compra un biglietto del treno per Alessandria. Quando arriva compra un altro biglietto per tornare al Cairo, e così via tutto il giorno. Un amico gli chiede perché e lui risponde che secondo il Corano, chi “sta compiendo un viaggio” è esentato dall’obbligo del digiuno!
Ho letto infinite barzellette sui giornali che ironizzavano sul consumismo che si scatenerebbe in questo periodo. Esattamente come da noi ogni anno a Natale; allo stesso modo qui c’è una levata di scudi contro il ramadan consumista che serve solo a riempire di soldi le tasche dei commercianti...
In verità ho avuto la netta impressione che sia così per la stragrande maggioranza dei cairoti.
Nessuno vuole mettere in dubbio l’autenticità del loro sentimento religioso, solo che ormai è evidente come il più puro intento spirituale stia sfumando in quello più edonistico di una bellissima occasione per fare festa, mangiare e divertirsi.
Un'altra osservazione.
In Egitto durante il Ramadan vengono trasmesse alla televisione soap-opera seguitissime da milioni di persone.
In Egitto durante il Ramadan vengono trasmesse alla televisione soap-opera seguitissime da milioni di persone.
Praticamente non si parla d'atro. Dovunque e comunque.
Una sorta di Dallas nostrane, o Beautifoul locali, con protagonisti egiziani e storie egiziane che, con il pretesto dell'intrattenimento televisivo, fanno una critica dei costumi della societa' egiziana; o della sua ipocrisia, del classimo imperante, della corruzione politica; del cambiamento di mentalita' rispetto ai decadenti costumi occidentali.
La polemica che infuocava i media e il sentimento comune, in questi giorni di festa, riguardava proprio il contenuto di queste Soap-opera.
I conservatori si raccomandavano con il pubblico di guardare solo i serial “fondamentalisti”. In questi le donne recitano velate, ed è tutto un inneggiare alle virtù dell’Islam.
Le serie televisive che invece vanno per la maggiore sono assolutissimamente occidentali. Le classiche storie di adolescenti alla moda e dei loro amori proibiti; famiglie moderne con i loro problemi e così via. Se non fosse per le facce mediorientali degli attori sembrerebbero sceneggiati occidentali.
L’Egitto corre veloce verso la sua modernità anche attraverso gli sceneggiati .
Nel corso di italiano per adulti che tegno quasi ogni pomeriggio, ho una classe di 25 studenti. Sono quasi tutti universitari e vengono a frequentare i corsi serali del Don Bosco per ovviare alla lacunosa preparazione dell’università egiziana.
Le ragazze musulmane sono tutte velate, ad esclusione di Heba e Mohga.
Anche loro però, durante il Ramandan sono apparse con il velo. Indossato in modo originale, senza coprire il collo e le spalle ma pur sempre velo.
Un obbligo di facciata durante la sacra ricorrenza.
Una sorta di Dallas nostrane, o Beautifoul locali, con protagonisti egiziani e storie egiziane che, con il pretesto dell'intrattenimento televisivo, fanno una critica dei costumi della societa' egiziana; o della sua ipocrisia, del classimo imperante, della corruzione politica; del cambiamento di mentalita' rispetto ai decadenti costumi occidentali.
La polemica che infuocava i media e il sentimento comune, in questi giorni di festa, riguardava proprio il contenuto di queste Soap-opera.
I conservatori si raccomandavano con il pubblico di guardare solo i serial “fondamentalisti”. In questi le donne recitano velate, ed è tutto un inneggiare alle virtù dell’Islam.
Le serie televisive che invece vanno per la maggiore sono assolutissimamente occidentali. Le classiche storie di adolescenti alla moda e dei loro amori proibiti; famiglie moderne con i loro problemi e così via. Se non fosse per le facce mediorientali degli attori sembrerebbero sceneggiati occidentali.
L’Egitto corre veloce verso la sua modernità anche attraverso gli sceneggiati .
Nel corso di italiano per adulti che tegno quasi ogni pomeriggio, ho una classe di 25 studenti. Sono quasi tutti universitari e vengono a frequentare i corsi serali del Don Bosco per ovviare alla lacunosa preparazione dell’università egiziana.
Le ragazze musulmane sono tutte velate, ad esclusione di Heba e Mohga.
Anche loro però, durante il Ramandan sono apparse con il velo. Indossato in modo originale, senza coprire il collo e le spalle ma pur sempre velo.
Un obbligo di facciata durante la sacra ricorrenza.
Penso del resto che anche da noi le chiese, deserte tutto l'anno, si riempiono incredibilmente durante le festivita' natalie e pasquali.
Fatto sta che non ho avuto il coraggio di chiedere loro ragione di questa metamorfosi:
Fatto sta che non ho avuto il coraggio di chiedere loro ragione di questa metamorfosi:
mi sembrava irriverente.
Mohga mi ha chiesto di compilarle un curriculum in italiano.
Come segno di ringraziamento mi ha regalato un piccolo Fanus portachiavi .
Che carino! C’è anche la lucetta! Basta avvitare la lanternina e la lampada si accende.

E’ una piccola cosa ma la tengo come un bene prezioso.
Si sa, sono i pensieri quelli che contano.
E a me fa un particolare piacere avere partecipato al mio primo Ramadan.
E’ un ricordo vero, autentico; regalatomi da una musulmana e non comprato su una bancarella di paccottiglie turistiche.
E’ una cosa autenticamente egiziana che mostrerò agli amici al ritorno.
Soppeso il mio piccolo fanus.
Lo capovolgo e leggo una scritta stampata sulla plastica dorata:
Mohga mi ha chiesto di compilarle un curriculum in italiano.
Come segno di ringraziamento mi ha regalato un piccolo Fanus portachiavi .
Che carino! C’è anche la lucetta! Basta avvitare la lanternina e la lampada si accende.

E’ una piccola cosa ma la tengo come un bene prezioso.
Si sa, sono i pensieri quelli che contano.
E a me fa un particolare piacere avere partecipato al mio primo Ramadan.
E’ un ricordo vero, autentico; regalatomi da una musulmana e non comprato su una bancarella di paccottiglie turistiche.
E’ una cosa autenticamente egiziana che mostrerò agli amici al ritorno.
Soppeso il mio piccolo fanus.
Lo capovolgo e leggo una scritta stampata sulla plastica dorata:
Mah????
Ramadan Karim a tutti!
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