Passeggiata sul Nilo
Le mie impressioni?
Positivissime. Fare l’insegnante però è veramente faticoso. Sudo come una spugna e, alla fine di ogni lezione, sono assolutamente tramortito per almeno una mezz’oretta.
In questi primissimi giorni al Cairo non ho visitato granchè. Fa un caldo afoso e la polvere sulle strade e lo smog e i dodicimila colpi di clacson al secondo non rendono poi così distensivo farsi una lunga passeggiata.
Ieri però ho optato per una lunga camminata pomeridiana con Claudio (collega). Ero troppo curioso di percorrere a piedi le sacre sponde del Nilo.
Ci muoviamo verso il fiume (ad appena 5 minuti a piedi dall’Istituto Don Bosco); poi lo percorriamo per altri 40 minuti verso il Sud, cioè verso il centro città, laddove per intenderci ci sono il Museo Egizio, Il Parlamento, le fermate centrali della metropolitana. Caldo becco e sempre più afoso.
Non posso fare a meno di notare nelle strettissime striscie spartitraffico in erba che dividono le carreggiate della “Corniche en-Nil” - il viale lungo la sponda destra - capannelli di anziani, scalzi, e seduti sull’erba che bevono il thè. A 72 centimetri dal loro naso sfrecciano fetidi pulmini e rombanti 128 fiat.
Una nota linguistica. Ho notato che la lingua araba denomina il “fiume” e il “lago” e il “mare” con lo stesso termine: “El Bahr”. Non è strano?
Forse questo è dovuto alla relativa scarsa dimestichezza dei popoli del deserto con le grandi superfici acquatiche. El Bahr, allude genericamente a tutto quanto ciò sia liquido. Sembra quasi dire …”quella cosa lì, piatta e lucente” o… il liquido acquatico (come diceva Totò).
Del resto non deve stupirci. Sembra che gli Eschimesi dispongano di decine di termini per definire una materia essenziale per la loro sopravvivenza e che noi denominiamo con superficialità usando un‘unica parola: Neve.
Continuiamo a camminare.
Sotto i molti cavalcavia che costeggio, dentro anfratti ricavati tra le colonne di cemento armato, scopro “appartamentini” di fortuna. Uno di questi, ha l’entrata sulla strada. E’ una stanza buia e squallida. In fondo, immersi nel buio, intravedo le sagome di alcuni vecchi e bambini. Ovviamente stanno fermi, parlano sommessamente e bevono l’immancabile the.
Arrivati presso un moderno e faraonico centro commerciale, l’Arcadia, decidiamo di entrare. E’ elegante e modernissimo. Un enorme atrio, negozi scintillanti e molta gente, soprattutto giovani.
Al piano terra c’è un bar con camerieri impomatati e infiocchettati. Si capisce che il bar è un posto da stronzetti. Livrea, finto smocking, con cravattino e baffetti frou frou, il nostro garson è un po’ seccato dal fatto che noi ordiniamo solo due misere lattine di coca-cola. Dissèr? Il dolce? No grazie!
Le “coche”, le due lattine, ci costeranno la bellezza di un 1,50 €, tutte e due! Ed era un posto costoso!
Fra i clienti molte ragazze e donne eleganti. Cristiane soprattutto, lo si capisce dal capo scoperto, dalle Croci tempestate di diamanti sul petto. Il trucco delle donne egiziane è sempre molto aggressivo, quasi a rivendicare una femminilità per molti aspetti negata.
Ci sono anche due famigliole “tradizional-integraliste”. I bambini giocano freneticamente attorno ai tavolini con i loro “goldrake” di fabbricazione cinese; le mamme in-burkate ben bene dentro il loro tetro vestito nero, lasciano intravedere solamente gli occhi. Intuisco facce annoiate anche se non riesco a vederle completamente.
Riprendiamo la passeggiata cercando di chiudere un anello ideale che ci riporti all’Istituto Don Bosco. Abbandoniamo il corso lungo nilo. L’allontanamento dal fiume porta con sé l’abbruttimento dell’edilizia. Tanto belli i palazzi lungo il fiume, quanto cadenti scrostati e sporchi non appena ci si allontani dalle sue rive. Il traffico stradale è sempre intenso e folle e bisogna stare sempre con gli occhi apertissimi.
Attraversiamo un quartiere molto popolare dedicato esclusivamente al commercio di materiali da edilizia. Nella città si è spesso mantenuta questa vocazione commerciale dei quartieri (come accadeva anche da noi molto tempo fa). In un’altra zona, non molto distante da qua, ho trovato una lunga via interamente dedicata agli strumenti musicali. Fuori da una di queste botteghe, ho visto un artigiano intento alla costruzione di un Loud decine, il liuto, lo strumento principe della cultura araba. Accanto a lui per terra, decine di questi strumenti non ancora completati.
Camminiamo un’altra ora. Ma dove siamo!, i nomi delle vie non esistono. Non riesco a capire se mi avvicino o mi allontano al Don Bosco.
E allora non resta che cercare il MITRU (la metropolitana). Sbuchiamo in Midan Ramsis, piazza Ramsete II. Detto così fa pure ridere. E’ la sede centrale delle ferrovie. Intravediamo la “M” della metropolitana.
Torniamo a casa, impolverati dalla testa ai piedi. A me brucia un po’ il naso a causa dello smog.
A sera incontro Marco che passeggia nel lungo corridoio terrazzato dell’istituto. Lui è un Insegnante di matematica e quindi mio futuro collega durante l’anno scolastico che inizierà a settembre.
Mi racconta della sua vita qui (sono già tre anni). Si è fidanzato con una egiziana e si sposerà a settembre prima dell’inizio della scuola. Lei e' cristiana.
Accenna con un misto di ironia, compatimento e non so cos’altro, alle difficoltà di rapportarsi ai modi e agli usi di un’altra cultura.
Non si può baciare la morosa in presenza dei genitori di lei. Esclusi anche abbracci e baci in pubblico. Ovviamente esclusi i rapporti prematrimoniali! E molto molto altro ancora… Afferma di rendersi conto che la sua è una scelta per certi versi azzardata e incosciente.
Però ormai ha deciso. E’ in procinto di acquistare un appartamento anche se, confessa più volte, non si “vede” in Egitto in eterno.Troppo “forte” vivere qua. Meglio tornare a casa tra qualche anno!
Lei accetterà di lasciare il suo paese?? Scuote la testa e ride.
Positivissime. Fare l’insegnante però è veramente faticoso. Sudo come una spugna e, alla fine di ogni lezione, sono assolutamente tramortito per almeno una mezz’oretta.
In questi primissimi giorni al Cairo non ho visitato granchè. Fa un caldo afoso e la polvere sulle strade e lo smog e i dodicimila colpi di clacson al secondo non rendono poi così distensivo farsi una lunga passeggiata.
Ieri però ho optato per una lunga camminata pomeridiana con Claudio (collega). Ero troppo curioso di percorrere a piedi le sacre sponde del Nilo.
Ci muoviamo verso il fiume (ad appena 5 minuti a piedi dall’Istituto Don Bosco); poi lo percorriamo per altri 40 minuti verso il Sud, cioè verso il centro città, laddove per intenderci ci sono il Museo Egizio, Il Parlamento, le fermate centrali della metropolitana. Caldo becco e sempre più afoso.
Non posso fare a meno di notare nelle strettissime striscie spartitraffico in erba che dividono le carreggiate della “Corniche en-Nil” - il viale lungo la sponda destra - capannelli di anziani, scalzi, e seduti sull’erba che bevono il thè. A 72 centimetri dal loro naso sfrecciano fetidi pulmini e rombanti 128 fiat.
Una nota linguistica. Ho notato che la lingua araba denomina il “fiume” e il “lago” e il “mare” con lo stesso termine: “El Bahr”. Non è strano?
Forse questo è dovuto alla relativa scarsa dimestichezza dei popoli del deserto con le grandi superfici acquatiche. El Bahr, allude genericamente a tutto quanto ciò sia liquido. Sembra quasi dire …”quella cosa lì, piatta e lucente” o… il liquido acquatico (come diceva Totò).
Del resto non deve stupirci. Sembra che gli Eschimesi dispongano di decine di termini per definire una materia essenziale per la loro sopravvivenza e che noi denominiamo con superficialità usando un‘unica parola: Neve.
Continuiamo a camminare.
Sotto i molti cavalcavia che costeggio, dentro anfratti ricavati tra le colonne di cemento armato, scopro “appartamentini” di fortuna. Uno di questi, ha l’entrata sulla strada. E’ una stanza buia e squallida. In fondo, immersi nel buio, intravedo le sagome di alcuni vecchi e bambini. Ovviamente stanno fermi, parlano sommessamente e bevono l’immancabile the.
Arrivati presso un moderno e faraonico centro commerciale, l’Arcadia, decidiamo di entrare. E’ elegante e modernissimo. Un enorme atrio, negozi scintillanti e molta gente, soprattutto giovani.
Al piano terra c’è un bar con camerieri impomatati e infiocchettati. Si capisce che il bar è un posto da stronzetti. Livrea, finto smocking, con cravattino e baffetti frou frou, il nostro garson è un po’ seccato dal fatto che noi ordiniamo solo due misere lattine di coca-cola. Dissèr? Il dolce? No grazie!
Le “coche”, le due lattine, ci costeranno la bellezza di un 1,50 €, tutte e due! Ed era un posto costoso!
Fra i clienti molte ragazze e donne eleganti. Cristiane soprattutto, lo si capisce dal capo scoperto, dalle Croci tempestate di diamanti sul petto. Il trucco delle donne egiziane è sempre molto aggressivo, quasi a rivendicare una femminilità per molti aspetti negata.
Ci sono anche due famigliole “tradizional-integraliste”. I bambini giocano freneticamente attorno ai tavolini con i loro “goldrake” di fabbricazione cinese; le mamme in-burkate ben bene dentro il loro tetro vestito nero, lasciano intravedere solamente gli occhi. Intuisco facce annoiate anche se non riesco a vederle completamente.
Riprendiamo la passeggiata cercando di chiudere un anello ideale che ci riporti all’Istituto Don Bosco. Abbandoniamo il corso lungo nilo. L’allontanamento dal fiume porta con sé l’abbruttimento dell’edilizia. Tanto belli i palazzi lungo il fiume, quanto cadenti scrostati e sporchi non appena ci si allontani dalle sue rive. Il traffico stradale è sempre intenso e folle e bisogna stare sempre con gli occhi apertissimi.
Attraversiamo un quartiere molto popolare dedicato esclusivamente al commercio di materiali da edilizia. Nella città si è spesso mantenuta questa vocazione commerciale dei quartieri (come accadeva anche da noi molto tempo fa). In un’altra zona, non molto distante da qua, ho trovato una lunga via interamente dedicata agli strumenti musicali. Fuori da una di queste botteghe, ho visto un artigiano intento alla costruzione di un Loud decine, il liuto, lo strumento principe della cultura araba. Accanto a lui per terra, decine di questi strumenti non ancora completati.
Camminiamo un’altra ora. Ma dove siamo!, i nomi delle vie non esistono. Non riesco a capire se mi avvicino o mi allontano al Don Bosco.
E allora non resta che cercare il MITRU (la metropolitana). Sbuchiamo in Midan Ramsis, piazza Ramsete II. Detto così fa pure ridere. E’ la sede centrale delle ferrovie. Intravediamo la “M” della metropolitana.
Torniamo a casa, impolverati dalla testa ai piedi. A me brucia un po’ il naso a causa dello smog.
A sera incontro Marco che passeggia nel lungo corridoio terrazzato dell’istituto. Lui è un Insegnante di matematica e quindi mio futuro collega durante l’anno scolastico che inizierà a settembre.
Mi racconta della sua vita qui (sono già tre anni). Si è fidanzato con una egiziana e si sposerà a settembre prima dell’inizio della scuola. Lei e' cristiana.
Accenna con un misto di ironia, compatimento e non so cos’altro, alle difficoltà di rapportarsi ai modi e agli usi di un’altra cultura.
Non si può baciare la morosa in presenza dei genitori di lei. Esclusi anche abbracci e baci in pubblico. Ovviamente esclusi i rapporti prematrimoniali! E molto molto altro ancora… Afferma di rendersi conto che la sua è una scelta per certi versi azzardata e incosciente.
Però ormai ha deciso. E’ in procinto di acquistare un appartamento anche se, confessa più volte, non si “vede” in Egitto in eterno.Troppo “forte” vivere qua. Meglio tornare a casa tra qualche anno!
Lei accetterà di lasciare il suo paese?? Scuote la testa e ride.