25 luglio, 2006

Passeggiata sul Nilo

Le mie impressioni?
Positivissime. Fare l’insegnante però è veramente faticoso. Sudo come una spugna e, alla fine di ogni lezione, sono assolutamente tramortito per almeno una mezz’oretta.
In questi primissimi giorni al Cairo non ho visitato granchè. Fa un caldo afoso e la polvere sulle strade e lo smog e i dodicimila colpi di clacson al secondo non rendono poi così distensivo farsi una lunga passeggiata.
Ieri però ho optato per una lunga camminata pomeridiana con Claudio (collega). Ero troppo curioso di percorrere a piedi le sacre sponde del Nilo.
Ci muoviamo verso il fiume (ad appena 5 minuti a piedi dall’Istituto Don Bosco); poi lo percorriamo per altri 40 minuti verso il Sud, cioè verso il centro città, laddove per intenderci ci sono il Museo Egizio, Il Parlamento, le fermate centrali della metropolitana. Caldo becco e sempre più afoso.
Non posso fare a meno di notare nelle strettissime striscie spartitraffico in erba che dividono le carreggiate della “Corniche en-Nil” - il viale lungo la sponda destra - capannelli di anziani, scalzi, e seduti sull’erba che bevono il thè. A 72 centimetri dal loro naso sfrecciano fetidi pulmini e rombanti 128 fiat.
Una nota linguistica. Ho notato che la lingua araba denomina il “fiume” e il “lago” e il “mare” con lo stesso termine: “El Bahr”. Non è strano?
Forse questo è dovuto alla relativa scarsa dimestichezza dei popoli del deserto con le grandi superfici acquatiche. El Bahr, allude genericamente a tutto quanto ciò sia liquido. Sembra quasi dire …”quella cosa lì, piatta e lucente” o… il liquido acquatico (come diceva Totò).
Del resto non deve stupirci. Sembra che gli Eschimesi dispongano di decine di termini per definire una materia essenziale per la loro sopravvivenza e che noi denominiamo con superficialità usando un‘unica parola: Neve.
Continuiamo a camminare.
Sotto i molti cavalcavia che costeggio, dentro anfratti ricavati tra le colonne di cemento armato, scopro “appartamentini” di fortuna. Uno di questi, ha l’entrata sulla strada. E’ una stanza buia e squallida. In fondo, immersi nel buio, intravedo le sagome di alcuni vecchi e bambini. Ovviamente stanno fermi, parlano sommessamente e bevono l’immancabile the.
Arrivati presso un moderno e faraonico centro commerciale, l’Arcadia, decidiamo di entrare. E’ elegante e modernissimo. Un enorme atrio, negozi scintillanti e molta gente, soprattutto giovani.
Al piano terra c’è un bar con camerieri impomatati e infiocchettati. Si capisce che il bar è un posto da stronzetti. Livrea, finto smocking, con cravattino e baffetti frou frou, il nostro garson è un po’ seccato dal fatto che noi ordiniamo solo due misere lattine di coca-cola. Dissèr? Il dolce? No grazie!
Le “coche”, le due lattine, ci costeranno la bellezza di un 1,50 €, tutte e due! Ed era un posto costoso!
Fra i clienti molte ragazze e donne eleganti. Cristiane soprattutto, lo si capisce dal capo scoperto, dalle Croci tempestate di diamanti sul petto. Il trucco delle donne egiziane è sempre molto aggressivo, quasi a rivendicare una femminilità per molti aspetti negata.
Ci sono anche due famigliole “tradizional-integraliste”. I bambini giocano freneticamente attorno ai tavolini con i loro “goldrake” di fabbricazione cinese; le mamme in-burkate ben bene dentro il loro tetro vestito nero, lasciano intravedere solamente gli occhi. Intuisco facce annoiate anche se non riesco a vederle completamente.
Riprendiamo la passeggiata cercando di chiudere un anello ideale che ci riporti all’Istituto Don Bosco. Abbandoniamo il corso lungo nilo. L’allontanamento dal fiume porta con sé l’abbruttimento dell’edilizia. Tanto belli i palazzi lungo il fiume, quanto cadenti scrostati e sporchi non appena ci si allontani dalle sue rive. Il traffico stradale è sempre intenso e folle e bisogna stare sempre con gli occhi apertissimi.
Attraversiamo un quartiere molto popolare dedicato esclusivamente al commercio di materiali da edilizia. Nella città si è spesso mantenuta questa vocazione commerciale dei quartieri (come accadeva anche da noi molto tempo fa). In un’altra zona, non molto distante da qua, ho trovato una lunga via interamente dedicata agli strumenti musicali. Fuori da una di queste botteghe, ho visto un artigiano intento alla costruzione di un Loud decine, il liuto, lo strumento principe della cultura araba. Accanto a lui per terra, decine di questi strumenti non ancora completati.
Camminiamo un’altra ora. Ma dove siamo!, i nomi delle vie non esistono. Non riesco a capire se mi avvicino o mi allontano al Don Bosco.
E allora non resta che cercare il MITRU (la metropolitana). Sbuchiamo in Midan Ramsis, piazza Ramsete II. Detto così fa pure ridere. E’ la sede centrale delle ferrovie. Intravediamo la “M” della metropolitana.
Torniamo a casa, impolverati dalla testa ai piedi. A me brucia un po’ il naso a causa dello smog.

A sera incontro Marco che passeggia nel lungo corridoio terrazzato dell’istituto. Lui è un Insegnante di matematica e quindi mio futuro collega durante l’anno scolastico che inizierà a settembre.
Mi racconta della sua vita qui (sono già tre anni). Si è fidanzato con una egiziana e si sposerà a settembre prima dell’inizio della scuola. Lei e' cristiana.
Accenna con un misto di ironia, compatimento e non so cos’altro, alle difficoltà di rapportarsi ai modi e agli usi di un’altra cultura.
Non si può baciare la morosa in presenza dei genitori di lei. Esclusi anche abbracci e baci in pubblico. Ovviamente esclusi i rapporti prematrimoniali! E molto molto altro ancora… Afferma di rendersi conto che la sua è una scelta per certi versi azzardata e incosciente.
Però ormai ha deciso. E’ in procinto di acquistare un appartamento anche se, confessa più volte, non si “vede” in Egitto in eterno.Troppo “forte” vivere qua. Meglio tornare a casa tra qualche anno!
Lei accetterà di lasciare il suo paese?? Scuote la testa e ride.

19 luglio, 2006

ISKUTU !!!! ZITTI !!!!

Arriviamo alle 3,30 del mattino all’aeroporto del Cairo. Io e Claudio, un ragazzo di Mogliano che rimarrà con me il tempo necessario per completare il corso propedeutico di Italiano che si terrà nei mesi di Luglio e Agosto. L’anno scolastico regolare comincerà ai primi di Settembre come di consueto.
All’aeroporto troviamo Mariolina (la coordinatrice dei corsi di Italiano) e Don Abdu un egiziano simpatico e gentile che studia da sacerdote salesiano a Roma.
La faccio breve. Esaurite le formalità aeroportuali e arrivati all’istituto dopo aver attraversato una Cairo immensa e deserta arriviamo nelle nostre camere da letto e ci addormentiamo sulle 5,30. Una dormitona di due ore e via, Alle 8 comincia l’appello dei ragazzi nel cortile-oratorio della scuola.
I ragazzi, 200 circa, sono fuori dell’istituto: vociano e schiamazzano. Ci sono tantissime madri che cercano di individuare subito gli insegnanti da tormentare. Mariolina ce le indica, e con un tono secco ci esorta ad evitare le “rompipalle”.
C’è un megafono gracchiante che chiama per nome i ragazzi e li divide in varie file. “Abdul!”, “Mina!”, “Ahmed!”, “Youssuf!”.
Io accorro nel cortile. Mi gira la testa e mi ronzano le orecchie perché le ultime due o tre notti ho dormito veramente pochissimo.
Mariolina mi fa 29 raccomandazioni nei pochi secondi che precedono l’assegnazione dei miei awlad (i ragazzi) e io decido di ricordarne due al massimo: dov’è la mia classe, quali sono i miei ragazzi. Sono quelli disposti sulla quarta di otto file.
Mi seguono.
Fa un caldo bestiale. Ma non avevano detto che al Cairo il caldo è secco e sopportabile?
Vedo però che nelle classi sono in azione delle potenti pale da soffitto e tiro un sospiro di sollievo. Oh, oh che fregatura! La mia è l’unica aula che non dispone delle stramaledette pale di ventilazione!
Entriamo in classe.
Li guardo e li trovo belli. Sarà che sono tutti dei 14-16enni. Sono tutti sorridentissimi e un po’ timidi. Un paio, forse originari dell’alto Egitto (il loro meridione al confine con il Sudan) sono scurissimi.
Provo a leggere i loro nomi e loro sorridono forse a causa della mia goffa pronuncia. Solo un terzo dei miei studenti é musulmano. Uno di questi si chiama addirittura Islam Mohammedd El Din, che sarebbe un po’ come dire, tradotto nei nostri parametri cristiani… Gesummaria Dio Trinità Cattolica. Un nome impegnativo non c’è che dire.
Fa veramente un caldo afoso e opprimente.
Io comincio a spiegare e, dopo sette secondi, ci ho già l’ascella pezzata delle grandi occasioni in grande evidenza..
Aprire le finestre!?!? Ci provo ma i ragazzini mi indicano subito le proprie orecchie con le mani ad indicare che non si sente un c…. allora chiudo le finestre e confido nelle correnti ristoratrici che ovviamente non arriveranno mai.
Appena iniziata la lezione passa Don Renzo (il direttore della scuola). Lui è di Codroipo (Udine). Viene a controllare l’avvio dei lavori e mi raccomanda di non usare ASSOLUTAMENTE l’arabo per aiutarmi nelle spiegazioni.
Sì, sono d’accordo, penso tra me e me, ma qualche parolina aiuta a stabilire la comunicazione; poi dopo un po’ di minuti, quando ho insegnato loro il termine corrispondente in italiano, non ne faccio più uso.
In caso contrario come fareste voi a spiegare a 21 ragazzini di prendere il quaderno giallo e di scrivere per dieci volte di seguito le prime 10 parole che si trovano sulla dispensa? Sembra facile.
Con i gesti? Certo! Dopo averci provato ho subito costatato che la mia geniale “spiegazione” fatta di gesti e grugniti era stata interpretata in una decina di modi diversi!
Adesso, se siete riusciti nell’impresa di spiegare l’esercizio da svolgere, provate a specificare che questo esercizio, che avete faticosissimamente spiegato NON (leee!) va fatto ADESSO (dilwati) ma a casa (fi-biit) e portato domani (bukra) per la correzione..! Come glielo spieghi?! E cosa avranno capito?

Come prevedevo l’organizzazione dei corsi è allo stesso tempo rigorosa, nella sua impostazione didattica, quanto vagamente caotica; il ritmo che dovrà essere sostenuto dai ragazzini è veramente infernale. Dopo la lezione, scherzando, Mariolina ci dirà che verso la fine della prima settimana potremo tranquillamente cominciare con il sommo Dante!
In effetti ad una prima occhiata il programma è disarmante. Verbi, singolari e plurali, maschile e femminile, i numeri e giorni della settimana tutto nei primi quattro giorni!!!!
Ebbene, sareste in grado in quattro miseri giorni di imparare tutto questo in una lingua sconosciuta e per di più usando un alfabeto diverso?
Ma con piacere scopro che alcuni ragazzi padroneggiano perfettamente i caratteri latini. Altri li conoscono ma, l’evidente scarsa pratica con essi li costringe a scrivere le parole a caratteri cubitali, cosicchè la parola “Lunedì” occupa due pagine di quaderno!
Grande sforzo a farli scrivere più piccolo. Grande davvero.
Intravedo già, ahimè, coloro che forse non potrebbero passare l’esame di ammissione alla fine di Agosto.
Anche solo la semplice lettura o scrittura di sillabe li mette in grande confusione; quando li interrogo in un semplice esercizio di lettura, mi guardano con occhi vuoti e disperati. Mi dicono la prima cosa che viene loro in mente.
Magari li recupero.
Da domani si comincia a dare i primi voti negli esercizi che ho dato per casa. E’ pazzesco, per me che non ho mai fatto l’insegnante, pensare che le mie valutazioni possano essere determinanti per il futuro di questi ragazzi. Alla fine del corso un esame dovrà decidere se sono in grado di cominciare l’anno scolastico. Chi non ce la fa semplicemente viene sbattuto fuori.