QUOTA 33
Immaginate di morire.
Anzi no. Immaginate di essere gia’ morti.
Dove vi trovate adesso?
Ovviamente in una tomba. Se siete stati fortunati da essere stati seppelliti, ovviamente.
La vostra vita è finita (…càpita a volte) e voi siete lì a spassarvela nel vostro loculo.
Nome? Cognome? Vita, morte miracoli? Una piccola foto?
Tz, Tz! Niente di tutto questo.
Amori, desideri, ricordi, volti, libri letti, giornate spensierate?
La vostra vita?
Niente!
L’unica cosa che, laconicamente, rimane di voi è questa:

Precisamente mi trovo ad El Alamein a 100 km da Alessandria sulla costa mediterranea in direzione della Libia.
Il toponimo El Alamein significa “le due bandiere”, forse un riferimento al fatto che in questa zona c’erano due piccole alture (si parla di decine di metri di elevazione, non di più).
Mi sembra un nome azzeccatissimo per un luogo che ha visto fronteggiarsi in modo feroce due eserciti, due vessilli militari, due bandiere appunto.
La “Quota 33” che vedete nella foto, è il punto di massima avanzata dell’esercito italiano che sperava di sfondare le linee inglesi e permettere così al nostro Benito di entrare ad Alessandria sulla groppa di un cavallo bianco. Il liberatore dell’Egitto dal giogo inglese!

Ho l’impressione che la denominazione “quota 33” sia un’invenzione estetica.
Suona bene 33.
Dica 33 per favore e faccia un colpo di tosse.
Ve lo immaginate …Quota 26? Oppure …Quota 18? Naaaa! Banale.
Trentatre.
Gli anni di Cristo, a pensarci bene.
Torniamo al nostro muraglione marmoreo di ignoti.
Sarà per la nostra stupida vanità umana che ci fa pensare di contare qualcosa nell’economia dell’universo mentre da secoli tutte le religioni e le scienze non fanno che ripeterci che siamo polvere e che torneremo polvere; sarà sempre a causa di questa sciocca vanità che molti di noi sperano di essere qualcosa ancora dopo la morte (vedi il clamoroso caso del signor Cheope, che con la sua inutile e sciocca piramidona è il primo nella classifica di tutti i tempi)… però penso che a nessuno di noi andrebbe di finire così.
Ignoti.

Tutti aspiriamo alla nostra individualità, alla nostra unicità. Nessuno di noi vorrebbe essere un altro, ma solo noi stessi. E invece questi ragazzi sono stati privati anche del nome.
E’ quasi come se i soldati, usati da vivi per il cinismo di chi era al potere, vengano ancora usati anche da morti, come mattoni di carne, per edificare l’edificio della retorica nazionalista.
Lasciamo perdere, meglio.
Mancò la fortuna non il valore
Così recita un cippo marmoreo sulla strada costiera verso Alessandria a poche centinaia di metri dal sacrario militare.
Questa frase è diventata famosa per la sua sintetica semplicità. Elogia l’eroismo dei vinti (noi, gli italiani), ammette ma molto elegantemente omette di dire che siamo stati spazzati via dal fuoco nemico.
Mancò la fortuna non il valore.
E già!, come andò questa battaglia?
Noi, alleati dei tedeschi contri gli inglesi, appoggiati dalle loro truppe coloniali: australiani, nepalesi, ecc ecc.
Fu uno scontro impari. Le forze dell’esercito italo-tedesco erano di gran lunga inferiori; eppure i “nostri” mantennero la posizione per piu’ di una settimana e, dopo la resa, ottennero l’onore delle armi dagli inglesi.
Ci guardiamo attorno. Ci viene incontro un custode, molto anziano vestito con la tradizionale gallabeyya egiziana. Parla un buon italiano. E’ qui da decine d’anni e guida i turisti italiani e non solo che passano da queste parti.

Se uno legge qualcosa sui numerosissimi siti internet o su qualche libro, trova subito conferma del fatto che non potevano farcela.
Il rapporto di forze in campo era soverchiante e la tecnologia del regio esercito era ridicola rispetto a quella degli alleti.
Solo i tedeschi potevano competere. Noi no.
I carri del regio esercito erano lentissimi male equipaggiati.

Non disponevano di radio. Per manovrare in modo efficace e quindi necessitando di coordinamento tra di loro dovevano comunicare o con bandierine o uscendo dal carro esponendosi a chissà quali pericoli…
Come dicevo prima, la battaglia è passata alla storia perchè i soldati italiani stupirono i loro nemici per una tenacia impensabile.
I “nostri”, negli ultimi giorni, ormai stremati dalla mancanza di riforminenti, riuscirono ancora a ritardare l’avanzata impetuosa dei carri inglesi. In alcuni casi (documentati!) usarono molotov fatte con bottiglie di VINO e bombe anti-carro fatte con scatole di POMODORI.
Vino e pomodori contro i carriarmati!
Mi chiedo cosa sarebbe successo se avessero avuto a disposizione anche delle pizze margherite!
Gli inglesi non l’avrebbero passata così liscia!
Italian Style.
A quanto pare fu proprio la mancanza di rifornimenti che fece collassare l’armata italo-tedesca, anzi, ad un certo punto i tedeschi se ne andarono e gli italiani rimasero soli a fronteggiare gli inglesi e il loro maggior alleato: il Deserto.
Ho letto che Rommel, (la “volpe del deserto”) umiliato dalla sconfitta (poiché capiva che non si era trattato di questione di strategia ma solo di logistica) disse del suo avversario Montgomery:
“Se solo potessimo combattere alla pari! Datemi il comando di 5 carri armati. A lui date lo stesso. E a entrambi la stessa quantità di benzina. Lasciateci soli nel deserto e poi vedremo chi è il migliore!”.
L’eroismo dei soldati italiani come ricorda questa lapide, stupì tutti, vera o falsa che sia l’attribuzione al generale tedesco.

Leggo un’altra piccola lapide.
Testimonianza di un gesto piccolo ma toccante.
Alcuni soldati italiani si arrendono ma nascondono il vessillo militare seppellendolo sotto la sabbia.
Non sia mai che cada nelle mani del nemico.
Tornano 10 anni dopo per recuperarlo.
La lapide appunto ricorda il recupero dello stendardo militare.

Che cosa affascina in questo tipo di storie?
Io la chiamo …”Nostalgia dell’eroismo”.
Nessuno di noi è, io credo, guerrafondaio o fanatico della violenza.
Eppure nasce un moto fortissimo di ammirazione per questi ragazzi.
Ovviamente la parola “eroismo” va usata con molta cautela.
Non voglio cadere nel tranello della retorica nazionalista.
Infatti i nostri soldati fecero quella battaglia per mille motivi.
Perché non avevano scelta (e non potevano scappare in mezzo al deserto)
Perché avevano un forte senso del dovere.
Perché forse alcuni di loro erano, perché no, dei fanatici.
Perché forse, pur avendo paura di morire, combattere era il miglior modo per guadagnarsi qualche possibilità di salvezza.
Però combatterono eroicamente..
L’eroismo è nel modo di affrontare e di vivere la sconfitta.
Quando Ettore saluta la moglie Andromaca e il figlioletto Astianatte sa che andrà a morire.
Achille, l’avversario che affronterà, è immortale.
Per questo ci commuove questo episodio: perché Ettore sa che perderà ma combatte ugualmente.
Impossibile che anche gli italiani non si rendessero conto che la disfatta era vicinissima.
Lo sapevano. Sono i numeri a parlare.
Del reparto Folgore che disponeva inizialmente di migliaia di uomini , ne sopravvissero forse un centinaio.
Continuo a camminare per i corridori del Sacrario.
Quanto marmo! Bianchissimo.
Saliamo su in cima alla torre, percorrendo i gradini di una scala assai metafisica.

Dall’alto vedo il panorama del deserto verso l’entroterra. Il fronte è il prolungamento immaginario del vialetto che arriva alla torre.
Il fronte era lungo lungo decine di chilometri.
Il mare è alle mie spalle, a poche centinaia di metri; e meravigliosa è la visione del deserto che si apre alla vastità dell’acqua di color turchese. Due mari che si incontrano. Uno giallo e uno blu.
Torno in basso e vado ancora a dare un ultimo sguardo al Sacrario.
Poso ancora lo sguardo sul muro di IGNOTO e sui tanti altri che, invece, un nome ce l’hanno.
I vari “mario rossi” e “giovanni bianchi” si susseguono in un ordine più o meno alfabetico.
Sono tutte uguali queste lapidi e a ben vedere non c’è reale differenza tra “IGNOTO” e gli altri nomi.
A ben vedere siamo tutti indistintamente…UNO QUALUNQUE.
In fondo chi siamo? Dove andiamo? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai..
Dunque siamo IGNOTI anche a noi stessi.
Solo Dio ci conosce veramente come recita solennemente l’iscrizione sopra le nostre teste….

Posso solo immaginare il dolore e l’emozione di chi, nel corso degli anni è arrivato qui per vedere la tomba del proprio caro: mogli, fratelli, amici e compagni d’armi, sorelle, figli.
Questo posto ha raccolto per decine d’anni un dolore immenso e terribile. La disperazione di chi ha visto sparire all’improvviso un proprio caro senza che se ne sapesse più nulla. Come se fosse stato inghiottito dal deserto piuttosto che dall’assurdità di ciò che stava accadendo.
Però almeno in questo i Sacrari sono solenni. Aiutano un popolo intero a dare un senso e un significato ad un evento, la morte di ogni singolo uomo, avvenuto all’interno di una sconcertante tragedia collettiva: la guerra.
Sto per andarmene via.
Cerco anch’io un uomo.
Ci metto un po’ di tempo.
Non è facile. Le lapidi non sono in rigoroso ordine alfabetico ma seguo le indicazioni di mia mamma e alla fine lo trovo, in alto, in un corridoietto laterale.
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Salvatore Oliva
sottottotentente (medico)
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….
….
….
Ciao zio
….
….
….
….
Chissà che tipo eri
….
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…
Anzi no. Immaginate di essere gia’ morti.
Dove vi trovate adesso?
Ovviamente in una tomba. Se siete stati fortunati da essere stati seppelliti, ovviamente.
La vostra vita è finita (…càpita a volte) e voi siete lì a spassarvela nel vostro loculo.
Nome? Cognome? Vita, morte miracoli? Una piccola foto?
Tz, Tz! Niente di tutto questo.
Amori, desideri, ricordi, volti, libri letti, giornate spensierate?
La vostra vita?
Niente!
L’unica cosa che, laconicamente, rimane di voi è questa:
IGNOTO IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO IGNOTO
IGNOTO IGNOTO IGNOTO
Ma perché, vi chiederete, dovrebbe rimanere di voi solo questo aggettivo - così glaciale - “ignoto” cioè una persona la cui identità è sconosciuta?
No di certo.
Diventare IGNOTI, è un “onore” riservato solo a chi è morto sui campi di battaglia e successivamente, sfortuna nella sfortuna, tutto ciò che rimane di lui è solo qualche frammento bruciacchiato e irriconoscibile.
Ho cominciato questo discorso perché mi trovo in un sacrario militare, un cimitero costruito per i caduti in una battaglia della seconda guerra mondiale. Una battaglia famosa.
Ma perché, vi chiederete, dovrebbe rimanere di voi solo questo aggettivo - così glaciale - “ignoto” cioè una persona la cui identità è sconosciuta?
No di certo.
Diventare IGNOTI, è un “onore” riservato solo a chi è morto sui campi di battaglia e successivamente, sfortuna nella sfortuna, tutto ciò che rimane di lui è solo qualche frammento bruciacchiato e irriconoscibile.
Ho cominciato questo discorso perché mi trovo in un sacrario militare, un cimitero costruito per i caduti in una battaglia della seconda guerra mondiale. Una battaglia famosa.
La torre "medievale" del Sacrario

Precisamente mi trovo ad El Alamein a 100 km da Alessandria sulla costa mediterranea in direzione della Libia.
Il toponimo El Alamein significa “le due bandiere”, forse un riferimento al fatto che in questa zona c’erano due piccole alture (si parla di decine di metri di elevazione, non di più).
Mi sembra un nome azzeccatissimo per un luogo che ha visto fronteggiarsi in modo feroce due eserciti, due vessilli militari, due bandiere appunto.
La “Quota 33” che vedete nella foto, è il punto di massima avanzata dell’esercito italiano che sperava di sfondare le linee inglesi e permettere così al nostro Benito di entrare ad Alessandria sulla groppa di un cavallo bianco. Il liberatore dell’Egitto dal giogo inglese!

Ho l’impressione che la denominazione “quota 33” sia un’invenzione estetica.
Suona bene 33.
Dica 33 per favore e faccia un colpo di tosse.
Ve lo immaginate …Quota 26? Oppure …Quota 18? Naaaa! Banale.
Trentatre.
Gli anni di Cristo, a pensarci bene.
Torniamo al nostro muraglione marmoreo di ignoti.
Sarà per la nostra stupida vanità umana che ci fa pensare di contare qualcosa nell’economia dell’universo mentre da secoli tutte le religioni e le scienze non fanno che ripeterci che siamo polvere e che torneremo polvere; sarà sempre a causa di questa sciocca vanità che molti di noi sperano di essere qualcosa ancora dopo la morte (vedi il clamoroso caso del signor Cheope, che con la sua inutile e sciocca piramidona è il primo nella classifica di tutti i tempi)… però penso che a nessuno di noi andrebbe di finire così.
Ignoti.

Tutti aspiriamo alla nostra individualità, alla nostra unicità. Nessuno di noi vorrebbe essere un altro, ma solo noi stessi. E invece questi ragazzi sono stati privati anche del nome.
E’ quasi come se i soldati, usati da vivi per il cinismo di chi era al potere, vengano ancora usati anche da morti, come mattoni di carne, per edificare l’edificio della retorica nazionalista.
Lasciamo perdere, meglio.
Mancò la fortuna non il valore

Questa frase è diventata famosa per la sua sintetica semplicità. Elogia l’eroismo dei vinti (noi, gli italiani), ammette ma molto elegantemente omette di dire che siamo stati spazzati via dal fuoco nemico.
Mancò la fortuna non il valore.
E già!, come andò questa battaglia?
Noi, alleati dei tedeschi contri gli inglesi, appoggiati dalle loro truppe coloniali: australiani, nepalesi, ecc ecc.
Fu uno scontro impari. Le forze dell’esercito italo-tedesco erano di gran lunga inferiori; eppure i “nostri” mantennero la posizione per piu’ di una settimana e, dopo la resa, ottennero l’onore delle armi dagli inglesi.
Ci guardiamo attorno. Ci viene incontro un custode, molto anziano vestito con la tradizionale gallabeyya egiziana. Parla un buon italiano. E’ qui da decine d’anni e guida i turisti italiani e non solo che passano da queste parti.

Se uno legge qualcosa sui numerosissimi siti internet o su qualche libro, trova subito conferma del fatto che non potevano farcela.
Il rapporto di forze in campo era soverchiante e la tecnologia del regio esercito era ridicola rispetto a quella degli alleti.
Solo i tedeschi potevano competere. Noi no.
I carri del regio esercito erano lentissimi male equipaggiati.

Non disponevano di radio. Per manovrare in modo efficace e quindi necessitando di coordinamento tra di loro dovevano comunicare o con bandierine o uscendo dal carro esponendosi a chissà quali pericoli…
Come dicevo prima, la battaglia è passata alla storia perchè i soldati italiani stupirono i loro nemici per una tenacia impensabile.
I “nostri”, negli ultimi giorni, ormai stremati dalla mancanza di riforminenti, riuscirono ancora a ritardare l’avanzata impetuosa dei carri inglesi. In alcuni casi (documentati!) usarono molotov fatte con bottiglie di VINO e bombe anti-carro fatte con scatole di POMODORI.
Vino e pomodori contro i carriarmati!
Mi chiedo cosa sarebbe successo se avessero avuto a disposizione anche delle pizze margherite!
Gli inglesi non l’avrebbero passata così liscia!
Italian Style.
A quanto pare fu proprio la mancanza di rifornimenti che fece collassare l’armata italo-tedesca, anzi, ad un certo punto i tedeschi se ne andarono e gli italiani rimasero soli a fronteggiare gli inglesi e il loro maggior alleato: il Deserto.
Ho letto che Rommel, (la “volpe del deserto”) umiliato dalla sconfitta (poiché capiva che non si era trattato di questione di strategia ma solo di logistica) disse del suo avversario Montgomery:
“Se solo potessimo combattere alla pari! Datemi il comando di 5 carri armati. A lui date lo stesso. E a entrambi la stessa quantità di benzina. Lasciateci soli nel deserto e poi vedremo chi è il migliore!”.
L’eroismo dei soldati italiani come ricorda questa lapide, stupì tutti, vera o falsa che sia l’attribuzione al generale tedesco.

Leggo un’altra piccola lapide.
Testimonianza di un gesto piccolo ma toccante.
Alcuni soldati italiani si arrendono ma nascondono il vessillo militare seppellendolo sotto la sabbia.
Non sia mai che cada nelle mani del nemico.
Tornano 10 anni dopo per recuperarlo.
La lapide appunto ricorda il recupero dello stendardo militare.

Che cosa affascina in questo tipo di storie?
Io la chiamo …”Nostalgia dell’eroismo”.
Nessuno di noi è, io credo, guerrafondaio o fanatico della violenza.
Eppure nasce un moto fortissimo di ammirazione per questi ragazzi.
Ovviamente la parola “eroismo” va usata con molta cautela.
Non voglio cadere nel tranello della retorica nazionalista.
Infatti i nostri soldati fecero quella battaglia per mille motivi.
Perché non avevano scelta (e non potevano scappare in mezzo al deserto)
Perché avevano un forte senso del dovere.
Perché forse alcuni di loro erano, perché no, dei fanatici.
Perché forse, pur avendo paura di morire, combattere era il miglior modo per guadagnarsi qualche possibilità di salvezza.
Però combatterono eroicamente..
L’eroismo è nel modo di affrontare e di vivere la sconfitta.
Quando Ettore saluta la moglie Andromaca e il figlioletto Astianatte sa che andrà a morire.
Achille, l’avversario che affronterà, è immortale.
Per questo ci commuove questo episodio: perché Ettore sa che perderà ma combatte ugualmente.
Impossibile che anche gli italiani non si rendessero conto che la disfatta era vicinissima.
Lo sapevano. Sono i numeri a parlare.
Del reparto Folgore che disponeva inizialmente di migliaia di uomini , ne sopravvissero forse un centinaio.
Continuo a camminare per i corridori del Sacrario.
Quanto marmo! Bianchissimo.
Saliamo su in cima alla torre, percorrendo i gradini di una scala assai metafisica.

Dall’alto vedo il panorama del deserto verso l’entroterra. Il fronte è il prolungamento immaginario del vialetto che arriva alla torre.

Il mare è alle mie spalle, a poche centinaia di metri; e meravigliosa è la visione del deserto che si apre alla vastità dell’acqua di color turchese. Due mari che si incontrano. Uno giallo e uno blu.
Torno in basso e vado ancora a dare un ultimo sguardo al Sacrario.
Poso ancora lo sguardo sul muro di IGNOTO e sui tanti altri che, invece, un nome ce l’hanno.
I vari “mario rossi” e “giovanni bianchi” si susseguono in un ordine più o meno alfabetico.
Sono tutte uguali queste lapidi e a ben vedere non c’è reale differenza tra “IGNOTO” e gli altri nomi.
A ben vedere siamo tutti indistintamente…UNO QUALUNQUE.
In fondo chi siamo? Dove andiamo? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai..
Dunque siamo IGNOTI anche a noi stessi.
Solo Dio ci conosce veramente come recita solennemente l’iscrizione sopra le nostre teste….

Posso solo immaginare il dolore e l’emozione di chi, nel corso degli anni è arrivato qui per vedere la tomba del proprio caro: mogli, fratelli, amici e compagni d’armi, sorelle, figli.
Questo posto ha raccolto per decine d’anni un dolore immenso e terribile. La disperazione di chi ha visto sparire all’improvviso un proprio caro senza che se ne sapesse più nulla. Come se fosse stato inghiottito dal deserto piuttosto che dall’assurdità di ciò che stava accadendo.
Però almeno in questo i Sacrari sono solenni. Aiutano un popolo intero a dare un senso e un significato ad un evento, la morte di ogni singolo uomo, avvenuto all’interno di una sconcertante tragedia collettiva: la guerra.
Sto per andarmene via.
Cerco anch’io un uomo.
Ci metto un po’ di tempo.
Non è facile. Le lapidi non sono in rigoroso ordine alfabetico ma seguo le indicazioni di mia mamma e alla fine lo trovo, in alto, in un corridoietto laterale.
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